sabato 28 febbraio 2015

Una storia che si ripete, due infortuni in cantiere analizzati dal Dors Piemonte


TORINO – Storie di infortunio. Una storia che si ripete. Pubblicato dal DoRS un nuovo approfondimento dalla serie che presenta e analizza casi e cause di incidenti sul lavoro.
La storia pubblicata in questo capitolo, come sempre curata dagli operatori dei servizi Presal delle Asl piemontesi, riporta le vicende di due lavoratori, entrambi in edilizia ed entrambi folgorati da linee a 130 Kv.
Due incidenti distinti, uno accaduto nel 1992 e uno nel 2011, ma entrambi in cantiere, entrambi dopo contatto sulla linee elettrica con il braccio dell’autobetonpompa ed entrambi con conseguenze pari a ustioni di primo secondo e terzo grado.
Una storia che si è ripetuta quindi, e che non si è ripetuta soltanto nelle modalità, ma anche nei protagonisti. Il primo incidente infatti, quello del 1992 ha coinvolto un operatore addetto alla manovra del braccio con 11 anni di esperienza come pompista. Il secondo dopo 19 anni, l’autista che stava seguendo le operazioni tra un’autobetoniera e un’autobetonpompa che lo stesso operatore citato stava manovrando. Entrambi sono sopravvissuti ai propri casi. Il primo con 40 giorni di prognosi, il secondo con ustioni sul 60% del corpo e vari interventi di chirurgia plastica.
Nel primo evento, la manovra di estensione in verticale del braccio dell’autobetonpompa nei pressi di una linea a 130 kV ha innescato un arco elettrico proiettando il lavoratore a 5 metri di distanza e provocandogli ustioni di primo, secondo e terzo grado.
Nel secondo evento, per evitare alcuni ponteggi, si è dovuto sollevare il braccio dell’autobetonpompa avvicinandosi alla linea a 130 kV; l’arco elettrico conseguente ha provocato ustioni di secondo e terzo grado al lavoratore che stazionava tra autobetoniera e autobetonpompa”.
Il racconto del Dors, oltre che per capire come e quando possa verificarsi un infortunio, è utile per rileggere alcune indicazioni per la prevenzione adeguatamente riportate. Le prime e immediate, ovvero: “si fosse scelto di eseguire il getto con attrezzature diverse; si fosse concordato con l’ente gestore della fornitura di energia elettrica la sospensione della tensione nel periodo di esecuzione dei lavori; si fossero delimitate in modo chiaro le aree sicure dove collocare l’autobetonpompa, dove cioè il braccio dell’autobetonpompa alla sua massima estensione non avrebbe potuto toccare i conduttori in tensione”.
Quindi i testi e le leggi. L’applicazione del titolo IV del Dlgs 81/08, il manuale Inail Ple nei cantieri, la circolare Circolare 4/2007 del Ministero del Lavoro.

Malattie professionali, circolare Inail su domanda aggravamento dopo quindicennio


ROMA – Pubblicata da Inail la Circolare 24 febbraio 2015 n.31 – Sentenza della Corte cost. 12.02.2010, n. 46. Esposizione a rischio patogeno protratto anche oltre il quindicennio dalla data della denuncia. Aggravamento verificatosi dopo il quindicennio dalla data della denuncia.
La circolare contiene indicazioni operative per la domanda di aggravamento presentata dai tecnopatici, dichiarati guariti senza postumi indennizzabili ovvero indennizzati in capitale ai sensi dell’articolo 13 del Dlgs 38/2000(Assicurazione infortuni e malattie professionali), che sia dovuta al protrarsi dell’esposizione allo stesso rischio anche dopo la data della denuncia. Nuova domanda anche per il caso in cui l’esposizione allo stesso rischio avvenga in un’azienda differente da quella nella quale originariamente era stata contratta la tecnopatia.
Il testo richiama e integra quanto in precedenza comunicato da Inail nella circolare n.5 del 21 gennaio 2014.
“Con circolare n. 5 del 21 gennaio 2014, sulla base della sentenza della Corte costituzionale n. 46 del 12 febbraio 2010, è stato stabilito che “[…] in tutte le ipotesi in cui, pur essendo decorsi i termini revisionali, l’aggravamento della patologia originariamente denunciata sia riconducibile al protrarsi dell’esposizione allo stesso rischio morbigeno […]” debba essere applicato il combinato disposto degli artt. 80 e 131 D.P.R. 1124/1965.
Come noto, la suddetta circolare fa esclusivo riferimento alle ipotesi in cui la protrazione dell’esposizione al rischio morbigeno riguardi un assicurato già titolare di rendita e non prende in considerazione le ipotesi in cui la suddetta protrazione riguardi un tecnopatico dichiarato guarito senza postumi indennizzabili ovvero indennizzato in capitale ai sensi dell’art. 13 d.lgs. 38/2000.
Ciò, in quanto l’Istituto, in una prima fase si è attenuto alla sentenza della Corte costituzionale chiamata ad esprimersi in fattispecie di protrazione dell’esposizione a rischio morbigeno, causa di aggravamento verificatosi successivamente alla scadenza del termine revisionale, dopo la costituzione della rendita”.
Le istruzioni operative ora pubblicate riguardano i seguenti casi di aggravio della patologia dopo un quindicennio dalla data della denuncia. Casi di tecnopatia cronologicamente successivi all’entrata in vigore del Dlgs 38/2000: malattia professionale denunciata riconosciuta ma non indennizzata in capitale e malattia professionale indennizzata in capitale; e malattia riconosciuta ma non indennizzata in rendita, denunciata prima del d.lgs. 38/2000.
In allegato vengono riportati tutti i dettagli operativi sul flusso procedurale di istruttoria. Viene indicato infine come tutte le disposizioni della circolare riguardino casi di tecnopatia futuri, in istruttoria o attualmente in attesa di giudizio, mentre non riguardano casi prescritti o passati in giudicato.

Lavoro irregolare,

Lavoro irregolare, sicurezza, rapporto del Ministero sull’attività di vigilanza 2014

ROMA – Presentato questa mattina a Roma dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti il Rapporto annuale dell’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale – anno 2014, rapporto sui risultati delle attività di vigilanza svolte nel 2014 dalle Direzioni regionali e territoriali del Ministero del Lavoro (compresi i Nuclei Carabinieri Ispettorato del Lavoro e i Gruppi Carabinieri per la Tutela del Lavoro operanti presso gli Uffici territoriali), da Inps e da Inail.
221.476 sono state le aziende ispezionate lo scorso anno, -5,80% rispetto alle 253.122 del 2013. 64,17% il tasso di irregolarità riscontrato (nel 2013 64,78%), pari a 142.132 aziende non in regola. 181.629 i lavoratori irregolari, 77.387 i lavoratori in nero. Per quanto riguarda contributi e premi evasi l’importo è stato pari 1.508.604.256 euro.
In merito ai dati sulla vigilanza di cui si è occupato il Ministero il documento segnala come a fronte del lieve calo generale del numero di ispezioni, si siano attestate a +0,39% le indagini condotte dalle Direzioni regionali e territoriali del Lavoro, con 140.173 controlli eseguiti nel 2014 a fronte dei 139.624 nel 2013. Numero superiore del 3% rispetto alle ispezioni programmate, con la programmazione 2014 che aveva indicato come obiettivo le 135.000.
Le 140.173 ispezioni ministeriali si sono suddivise in questo modo: 78.815 (56,23%) nel Terziario; 40.545 (28,92%) in Edilizia; 15.379 (10,97%) nell’Industria; 5.434 (3,88%) in Agricoltura.
41.030 le maxi sanzioni per lavoro nero e la maggior parte delle maxi sanzioni irrogate ha interessato le seguenti Regioni: Puglia (5.225), Campania (4.600), Calabria (4.236), Lombardia (4.207) e Toscana (4.112).
9.248 i casi di utilizzo abusivo di forme contrattuali flessibili, 8.230 i casi di appalto/distacco illecito, 1.018 gli extracomunitari clandestini, 172 le violazioni per impiego di minori, 334 le violazioni della tutela di lavoratrici madri e gestanti, 48 le discriminazioni uomo donna, e infine 7.268 gli illeciti in materia di orario di lavoro.
Per quanto riguarda i provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale, con riferimento ai provvedimenti “(ex art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) – adottati in presenza di una percentuale di lavoratori in nero pari o superiore al 20% del personale presente in occasione dell’accesso ispettivo ovvero in relazione a gravi e reiterate violazioni in materia di salute e sicurezza – se ne segnala il costante decremento, probabilmente connesso alla rilevata diminuzione del numero dei lavoratori in nero, peraltro in linea con il trend già registrato nell’anno precedente. In particolare, nel periodo gennaio-dicembre 2014 risultano complessivamente adottati n. 6.838 provvedimenti interdittivi, pari al – 13 % di quelli riferiti all’anno 2013 (7.885)”.

Vigilanza e sanzioni sicurezza sul lavoro 2014

Questi infine i dati relativi esclusivamente alle violazioni sulla sicurezza sul lavoro. Nel 2014 sono state 26.998 le violazioni prevenzionistiche, -18,49% rispetto al 2013. Il 37% delle violazioni ha interessato il rischio caduta dall’alto, il 19% il rischio elettrico l’uso di attrezzature e di Dpi, il 3% operazioni di investimento e seppellimento.
“L’analisi dei dati, peraltro, evidenzia un’insufficiente attenzione delle aziende ispezionate agli obblighi del datore di lavoro relativi alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori e alla formazione e informazione del personale (ciascuno pari al 12%), nonché una certa carenza nella realizzazione di una completa e articolata valutazione dei rischi aziendali e interferenziali (che è oggetto di circa il 7% delle violazioni riscontrate).
Restano invariate le criticità connesse all’osservanza degli obblighi previsti in capo ai committenti e ai coordinatori negli appalti sia pubblici che privati cui, come nell’anno precedente, è riferito il 10% degli illeciti rilevati)”.
Per finire il rapporto contiene dati sulle attività di promozione e prevenzione condotte dal Ministero, sulla vigilanza straordinaria condotta in eventi fieristici e culturali, sulle cooperative e infine sulle indagini attuate in sinergia con i Gruppi Carabinieri per la Tutela del lavoro di Milano, Napoli e Roma in attuazione della direttiva 7 luglio 2010.

mercoledì 25 febbraio 2015

L'usato non è soggetto alla Direttiva Macchine UE


IN PRIMO PIANO    di Ing. Roberto Negro del 01/07/2013

… a meno che non lo fosse già da nuovo o che sia stato trasformato in una nuova macchina.

Sembra abbastanza ovvio, ma non lo è: in vent'anni di professione ho incontrato compratori che pretendono la marcatura CE di macchine del 1985, e rivenditori che dopo aver trasformato un tornio manuale in un tornio a controllo numerico rifiutano di marcarlo CE.
Vi è una diffusa incomprensione e confusione sui limiti di applicabilità della direttiva macchine, ed è necessario fare chiarezza.
La “Guida all’applicazione della direttiva macchine 2006/42/CE” (documento ufficiale della Commissione Europea) al paragrafo 71 recita che “la direttiva macchine si applica alle macchine o quasi-macchine immesse sul mercato dell’UE”. E, al successivo paragrafo 72: ”Le macchine si considerano immesse sul mercato allorché vengono messe a disposizione per la prima volta [la sottolineatura è mia] nell’UE”. È quindi evidente che la direttiva trova applicazione solo sulle macchine nuove, o meglio: sulle macchine alla loro prima immissione sul mercato UE; tanto è vero che, sempre al paragrafo 72, la Guida specifica che “la direttiva macchine non si applica all’immissione sul mercato di macchine usate o di seconda mano”.
Il concetto di “prima immissione sul mercato UE” è importante perché estende l'applicabilità della direttiva a due situazioni particolari che riguardano, stavolta sì, l'usato:
-macchine usate provenienti da Paesi extra-UE;

-macchine usate, anche di fabbricazione antecedente al 1996 (data di recepimento in Italia della prima direttiva macchine) trasformate o ricostruite in modo da costituire di fatto una nuova macchina. Qui è un po' difficile individuare il confine oltre al quale si debba parlare di nuova macchina; il criterio più applicato, e che mi sento di sposare, è quello del cambio di destinazione d'uso (es. una fresatrice tradizionale il cui mandrino viene sostituito con una testa di lavorazione orientabile) o il cambio della logica di comando e controllo (es. il passaggio da una logica elettromeccanica a un PLC).

-si noti che il D.Lgs 81/08 relativo alla sicurezza nei luoghi di lavoro specifica – art. 71 comma 5 – che le modifiche realizzate per migliorare la sicurezza non configurano reimmersione sul mercato, quindi non richiedono marcatura o ri-marcatura CE.
È quindi chiarito il campo di applicazione della direttiva: macchine nuove, o usate che rientrino nei due casi appena descritti.
E l'usato “normale”? Ancora la Guida, sempre al paragrafo 72, precisa che “in taluni Stati membri l’immissione sul mercato di macchine usate o di seconda mano è oggetto di normative nazionali specifiche. Negli altri casi, la messa in servizio e l’utilizzo professionale di macchine di seconda mano sono disciplinati dalle normative nazionali sull’uso delle attrezzature di lavoro di recepimento della direttiva 2009/104/CE”. L'Italia, con il D.Lgs. 81/08, rientra nel primo caso.
Ai nostri fini, gli articoli fondamentali del decreto sono il 70 (commi 1, 2 e 3) e il 72 (comma 1):
Art. 70 comma 1: le macchine devono essere conformi alle direttive comunitarie di prodotto (quindi in particolare alla direttiva macchine) ad eccezione di quanto previsto al comma 2.
Art. 70 comma 2: le macchine pre-direttiva devono essere conformi all'allegato V del Decreto, che contiene i requisiti di sicurezza per le macchine pre-direttiva.
Art. 70 comma 3: le macchine pre-direttiva costruite in conformità al DPR 547 del 27/4/55 sono considerate conformi all'allegato V.
Art. 72 comma 1: il venditore/noleggiatore/concedente in uso attesta sotto propria responsabilità che la macchina pre-direttiva è conforme all'allegato V.
Quindi: se l'usato era già soggetto alla direttiva macchine da nuovo, lo rimane; se non lo era, è soggetto all'allegato V del decreto e non alla direttiva macchine, e il venditore ne deve attestare la conformità.


martedì 24 febbraio 2015

Gli indumenti ad alta visibilità per chi lavora sulle strade, le regole della 20471:2013

Gli indumenti ad alta visibilità per chi lavora sulle strade, le regole della 20471:2013

I datori di lavoro mettono a disposizione dei lavoratori che svolgono attività in luoghi di lavoro con flusso veicolare, i dispositivi di protezione individuale conformi alle previsioni del Titolo III del TU 81/2008.
Peraltro, gli indumenti ad alta visibilità devono rispondere alle regole del EN ISO 20471:2013, la nuova norma che sostituisce la EN 471:2003 e la A1:2007.
I requisiti specificati dalla norma hanno l’obiettivo di fornire “un’alta visibilità dell’utilizzatore visto dagli operatori di veicoli o di altri dispositivi meccanizzati in qualunque condizione di luce diurna o alla luce dei fari dei veicoli nell’oscurità”.
La ENI ISO 20471 del 2013 dà indicazioni sia sulla valutazione dei rischi che sulla scelta degli indumenti appropriati in relazione a situazioni ad alto rischio.
I requisiti di progettazione degli indumenti previsti dalla norma mantengono un sistema di raggruppamento in tre classi “basato sulle aree minime di materiali ad alta visibilità visibili incorporati nel capo di abbigliamento, ai sensi del quale gli indumenti in Classe 3 forniscono il livello più alto” .
Fra i requisiti specifici di progettazione sono indicati gli indumenti che coprono solamente il torace (giubbotti e corpetti), quelli che coprono il torace e le braccia (giacche, camicie, cappotti e magliette), quelli che coprono le gambe (pantaloni a vita, pantaloni a pettorina con bretelle e pantaloncini), quelli che coprono torace e gambe, quelli che coprono torace, braccia e gambe ( tute con maniche).
I dispositivi che il datore di lavoro mette a disposizione degli operatori, devono anche rispondere a requisiti per il materiale di fondo (fluorescente). Infatti la norma del 2013 include la misurazione del colore del materiale di fondo e del materiale a prestazioni combinate dopo il numero massimo di cicli ripetuti di lavaggio/asciugatura specificato dal fabbricante* e dovrà ancora soddisfare i requisiti di cromaticità e luminanza.
Altri requisiti si riferiscono alla trazione e alla rottura, alla resistenza allo strappo dei tessuti. Inoltre, gli indumenti non impermeabili devono essere sottoposti a prova di resistenza termica.
* Se non viene specificato nessun numero massimo, il tessuto viene sottoposto a prova dopo 5 cicli di lavaggio e dovrà ancora soddisfare i requisiti di cromaticità e luminanza.

domenica 22 febbraio 2015

omessa formazione e omessa vigilanza

Sentenza 

Sicurezza    by AmministratoreCommenti chiusi

Operare in prossimità di macchine in movimento, omessa formazione e omessa vigilanza: manca la prova liberatoria

Infortuni, il datore di lavoro deve provare di averli prevenuti

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 1918/15
Cassazione: si deve aver fatto di tutto per evitare il sinistro, non basta aver adottato alcune misure
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 1918/15Presidente Lamorgese – Relatore De Marinis - Svolgimento del processo accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio, alla Corte d'Appello di L'Aquila in diversa composizione.
Spetta al datore di lavoro l’onere di provare che sono state adottate tutte le misure idonee a prevenire gli infortuni.

La Cassazione ha accolto il ricorsodell’Inail contro la decisione della Corte d’Appello de L’Aquila che aveva negato il risarcimento per l’infortunio subito da un dipendente.
La Corte di Appello aveva giudicato sufficiente che l’azienda dimostrasse di aver adottato una serie di comportamenti doverosi nel rapporto con il dipendente.
Secondo la Cassazione, invece, la questione va analizzata sotto un’altra prospettiva. Non basta che il datore di lavoro si sia attenuto ad alcune prescrizioni, ma è necessario che provi di aver fatto di tutto per evitare l’infortunio.
Nel caso preso in esame, il datore di lavoro non aveva adottato le misure idonee a prevenire l’infortunio, come una adeguata informazione e istruzione antinfortunistica e la predisposizione di un servizio di vigilanza.
FATTO
Con sentenza del 30 luglio 2009, la Corte d'Appello di L'Aquila riformava la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Chieti e accoglieva l'appello proposto dalla ******* e da C.S., respingendo la domanda dell'INAIL, che agiva in via di regresso, di rifusione dell'onere sostenuto per l'indennizzo dell'infortunio sul lavoro subito da una dipendente.
La decisione discende dall'aver la Corte territoriale escluso in radice la sussistenza della colpa del datore per aver omesso la necessaria istruzione antinfortunistica nonché la rilevanza penale dell'accertata colpa per omissione del dovere di vigilanza antinfortunistica ex art. 2087 c.c., non essendo stata raggiunta la prova positiva dell'omissione di un comportamento doveroso qui dato dall'impedire l'intervento della dipendente sulla macchina in movimento.
Per la cassazione di tale decisione ricorre l'INAIL affidando l'impugnazione a due motivi, poi illustrati con memoria, cui resistono, con controricorso, gli intimati.

Moduli unificati edilizia libera CIL e CILA, in GU l’accordo 18 dicembre 2014


ROMA – CIL e CILA, moduli unificati per interventi di edilizia libera. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 febbraio 2015 l’accordo Governo, Regioni ed enti locali “concernente l’adozione di moduli unificati e standardizzati per la presentazione della comunicazione di inizio lavori (CIL) e della comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) per gli interventi di edilizia libera”.
Si tratta della pubblicazione di un accordo siglato tra Governo, Conferenza delle Regioni, Anci e Upi lo scorso18 dicembre 2014, accordo già in vigore e i cui primi termini riguardanti le amministrazioni regionali e comunali sono scaduti lo scorso 16 febbraio.
Il testo ha previsto infatti per le Regioni, di adeguare, entro 60 giorni a partire dallo scorso 18 dicembre, e “in relazione alle specifiche normative regionali e di settore”, “i contenuti informativi dei moduli unificati e standardizzati”; analogamente per i Comuni, ha previsto di adeguare “la modulistica in uso”.
La situazione attuale è stata riassunta dal Ministero della Funzione pubblica in un comunicato pubblicato sul proprio sito il 17 febbraio 2015.
“Molte Regioni si sono adeguate già prima del 16 febbraio, termine previsto per l’adozione dei nuovi modelli semplificati per la comunicazione di inizio lavori (CIL) e la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) per le attività edilizie. Diverse altre Regioni sono al lavoro e adotteranno la modulistica nei prossimi giorni.
La legge prevede che entro 16 marzo, comunque, cittadini e imprese possano utilizzare i nuovi moduli”.
Nello stesso comunicato del 17 febbraio, è elencata in dettaglio la situazione di ogni Regione, chi ha già adottato i moduli e chi invece sta per farlo. 

CIL e CILA

In chiusura, riepiloghiamo quando i modelli CIL e CILA potranno essere utilizzati.
CILA, comunicazione di inizio lavori asseverata per gli interventi di edilizia libera, “unifica e razionalizza quelli in uso negli ottomila Comuni Italiani e dà attuazione alle semplificazioni del decreto Sblocca Italia. Per gli interventi edilizi di manutenzione straordinaria che non riguardano le parti strutturali degli edifici – compresi l’apertura di porte e lo spostamento di pareti interne, gli accorpamenti e i frazionamenti – è sufficiente una semplice comunicazione che può essere compilata in pochi minuti dall’interessato e asseverata da un professionista”.
CIL comunicazione di inizio lavori, il modello “potrà essere utilizzato per alcuni interventi particolari come ad esempio le opere temporanee, l’installazione di pannelli solari o fotovoltaici e la pavimentazione degli spazi esterni degli edifici”.

giovedì 19 febbraio 2015

La sicurezza nei lavori sulle coperture

Sistemi di prevenzione e protezione contro la caduta dall’alto

Un cantiere sicuro per riqualificare l’esistente - Lavori in copertura
4 Ottobre 2013 - Fiera Milano Rho, Milano
Lavori su coperture: problematiche, approfondimenti, soluzioni ed indirizzi 18 Ottobre 2013 - Bologna fiere - Quartiere Fieristico, Bologna
Edizione 2014

inailLa sicurezza nei lavori di manutenzione che si svolgono sulle coperture degli edifici è un tema che per una somma di fattori viene speso sottovalutato e talvolta giunge all’attenzione dell’opinione pubblica per l’accadere di eventi tragici.
Il volume raccoglie gli atti dei due seminari che si sono tenuti nell’ambito delle due piùimportanti mostre dell’edilizia nazionali, il primo dal titolo: ”Un cantiere sicuro per riqualificare l’esistente - lavori in copertura” svoltosi il 4 Ottobre 2013 presso la Fiera Milano-Rhonell’ambito del MADE ed il secondo dal titolo: “Lavori su coperture: problematiche, approfondimenti, soluzioni ed indirizzi” svoltosi il 18 Ottobre 2013 nell’ambito del SAIE presso la fiera di Bologna.
L’argomento è complesso perché chiede una particolare attenzione nel cogliere condizioni dirischio che spesso non sono percepite e quindi non sono considerate, ed è caratterizzato daalcuni fattori:
• la scarsa consapevolezza che la piccola manutenzione non è un imprevisto ma è un’attivitàsistematica, prevedibile e inevitabile, infiltrazioni, pulizia grondaie, sostituzione tegole ecc.;
• il particolare incremento delle occasioni di accesso in copertura per installare i terminali di piccoli impianti di condizionamento, antenne satellitari ecc.;
• la mancata previsione in fase di progetto delle condizioni di sicurezza per operare le piccolemanutenzioni sulle coperture, linee vita, punti di accesso e ancoraggio, ecc.;
• la qualificazione non sempre idonea degli operatori tecnici che dovrebbero avere competenzespecifiche e qualificate anche in tema di accesso in luoghi di lavoro costituiti da
coperture di edifici;
• ed infine una certa sottovalutazione, legata purtroppo alla entità degli interventi e alla crisidell’occupazione, che spinge a correre dei rischi inaccettabili.

Dispositivi di ancoraggio per la protezione contro le cadute dall’alto – Chiarimenti


Sicurezza    by Matteo PuppoCommenti chiusi

Dispositivi di ancoraggio per la protezione contro le cadute dall’alto – Chiarimenti

Chiarimenti riguardanti l'utilizzo, durante l'esecuzione dei lavori in quota, dei dispositivi d'ancoraggio a cui vengono collegati i sottosistemi per la protezione contro le cadute dall'alto, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico e con il Ministero delle infrastrutture e trasporti.

sicurezza_lavoroCon riferimento alle numerose richieste di chiarimenti riguardanti l'utilizzo, durante l'esecuzione di lavori in quota, dei dispositivi di ancoraggio a cui vengono collegati i sottosistemi per la protezione contro le cadute dall'alto, di intesa con il Ministero dello sviluppo economico e con il Ministero delle infrastrutture e trasporti, sentito l'INAIL, si ritiene opportuno fornire i seguentichiarimenti.

Si precisa, preliminarmente, che, in funzione della loro installazione, esistono due tipologie di dispositivi di ancoraggio:
- quelli che seguono il lavoratore, installati non permanentemente nelle opere di costruzione e che sono quindi caratterizzati dall'essere amovibili e trasportabili (cosiddetti DPI - Dispositivi di Protezione Individuale);
- quelli installati permanentemente nelle opere stesse, e che pertanto sono caratterizzatidall'essere fissi e non trasportabili. E' opportuno precisare che, ad avviso delle scriventiAmministrazioni, rientrano in tale fattispecie tutti i dispositivi o sistemi che non seguono illavoratore alla fine del lavoro, ma restano fissati alla struttura, ancorchè taluni componenti deldispositivo o sistema siano "rimovibili", perché, ad esempio, avvitati ad un supporto.
Ministero del lavoro e delle politiche sociali Direzione Generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro e delle Relazioni Industriali

Ministero dello sviluppo economico Direzione Generale per il Mercato, la Concorrenza, il Consumatore, la Vigilanza e la Normativa Tecnica

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici
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