lunedì 30 marzo 2015

Quando e come effettuare l’aggiornamento del DVR


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A construction worker or foreman at a construction siteLa legge che regolamenta la redazione e l’aggiornamento del DVR non prevede l’obbligo di revisioni frequenti o cadenzate regolarmente, ma definisce con chiarezza le situazioni in cui ogni azienda deve necessariamente prevedere un nuovo esame dei pericoli e una nuova dichiarazione scritta. In merito all’aggiornamento del documento di valutazione dei rischi, la legge fissa anche i termini e alcuni obblighi specifici.

Quando è necessario rivedere il DVR

Il Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro (d.lgs. 81/2008 modificato dal decreto 106/2009) stabilisce l’obbligo di una nuova valutazione dei rischi – e il conseguente aggiornamento del DVR – nei casi in cui si verifichino:
  • variazioni al processo produttivo o all’organizzazione del lavoro, che possano compromettere la salute e la sicurezza dei lavoratori;
  • cambiamenti nella tecnica, nella prevenzione o nella protezione nei luoghi di lavoro;
  • infortuni importanti;
  • necessità di una maggiore sorveglianza sanitaria.
In particolare, il testo della legge evidenzia che:
La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate”.
L’obiettivo è eliminare o ridimensionare i rischi, o riconsiderare la presenza di ulteriori fattori non adeguatamente valutati in precedenza, e prevedere l’aggiornamento del documento di valutazione dei rischi.

Il termine per rielaborare il documento

Il titolare – a partire dal momento in cui si verificano le nuove condizioni per un nuovo esame – ha 30 giorni di tempo per aggiornare l’analisi e il relativo documento di valutazione dei rischi, avvalendosi sempre del RSPP, del Medico Competente e del RLS (D.Lgs. 81/2008 art. 29 commi 1 e 2).
Nello specifico, la legge 81/2008, art. 29 comma 3, prevede che:
Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono, il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali.”

Obblighi del datore di lavoro nella revisione del DVR

Nella procedura di aggiornamento del documento di valutazione dei rischi, la legge stabilisce una serie di obblighi per il datore di lavoro (che in caso di inadempienza comportano delle sanzioni) e alcune procedure che è opportuno seguire per precauzione, come il rinnovo regolare e periodico della valutazione, del controllo degli ambienti, degli impianti, delle attrezzature e dei presidi di prevenzione.
Per evitare errori nell’aggiornamento del DVR e relative sanzioni, è opportuno rivolgersi ad un centro di consulenza dedicato.

venerdì 27 marzo 2015

Bonifica amianto, fondi e credito imposta, emendamento Collegato ambientale


ROMA – Incentivi per la bonifica dell’amianto, credito d’imposta e un fondo per finanziamenti.
Presentato dal Governo un emendamento al Collegato Ambientale della Legge di stabilità 2014 con due proposte di intervento riguardanti l’amianto.
La prima prevede la possibilità per i soggetti titolari di reddito d’impresa che effettueranno bonifiche nel 2016/2018 di ottenere un credito d’imposta pari al 50% delle spese sostenute.
La seconda prevede la creazione di un fondo per finanziare interventi sugli edifici pubblici. Il fondo dovrebbe essere triennale e pari a 5 milioni e mezzo per il 2015, 6 milioni per il 2016 e 2017.
“Proseguiamo con determinazione il nostro impegno” – ha dichiarato il ministro Gian Luca Galletti – “su un’urgenza nazionale che riguarda tante comunità: i siti inquinati da amianto già censiti sono oltre trentamila e mancano o sono parziali i dati di alcune regioni. Si tratta di un disastro ambientale diffuso che con gli strumenti nuovi che il governo mette in campo può cominciare ad essere affrontato non solo nei grandi siti, ma anche nelle migliaia di micro realtà sparse per il territorio che rappresentano un pericolo per i cittadini”.

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Articolo appartenente a Amianto e taggato Permalink.

Malattie professionali, open data, criteri, principi metodologici, Quaderno Inail


ROMA – Malattie professionali. Un modello di lettura (della numerosità) su “open data” dell’Inail. Dopo unprimo Quaderno di ricerca pubblicato nel 2013  riguardante gli infortuni sul lavoro, Inail pubblica ora un secondo volume della serie sugli open data, che questa volta prende in considerazione il fenomeno delle tecnopatie. Un volume che “documenta i principi utilizzati per costruire un insieme di “open data” sulle malattie professionali, selezionato dai dati raccolti dall’Inail nello svolgimento dell’attività istituzionale”.

Tecniche e metodi

Malattie professionali, tecniche operative e principi metodologici. Criteri amministrativi e criteri medico-legali. Nel secondo quaderno vengono presentati modalità di trattazione e quindi dati in merito a numero e tipo di malattie professionali e di tecnopatici, suddivisi per date di denuncia, classi di assicurazione, territori, classi di menomazione ed esito delle istruttori di riconoscimento. Informazioni lette attraverso due blocchi di tabelle, 24 tabelle amministrative e 80 medico-legali. Sette capitoli, affiancati da un vocabolario e un thesaurus.

Cosa sono, cause, criteri qualificazione

Da uno dei primi paragrafi del volume: Sulla definizione di “malattia professionale. “Sotto il profilo biomedico si può definire malattia professionale qualsiasi stato morboso che possa essere posto in rapporto causale con lo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa.  C’è differenza nell’attribuire causa professionale a una malattia, rispetto al caso di infortunio. Un infortunio è qualificabile sul lavoro – e perciò indennizzabile – se è avvenuto per causa violenta in occasione di lavoro: per causa violenta si intende un fatto esterno che abbia avuto effetto con azione rapida e concentrata nel tempo; il requisito in occasione di lavoro indica la situazione per cui deve essere il lavoro a determinare, sia pure in modo indiretto e occasionale, la situazione in cui si verifica l’evento dannoso.
Quindi, in generale, per l’infortunio è applicabile un criterio di qualificazione che utilizza dati di fatto, osservabili. In linea di principio non è sempre possibile dare un criterio oggettivo per qualificare “professionale” una malattia. Il nesso causale (che deve essere individuato per far dipendere la malattia da una “causa” dovuta all’attività di lavoro) non è in generale accertabile con certezza: per il possibile concorso di più cause (anche extra-lavorative), per il peso (difficile da quantificare) delle correlazioni. Entra in gioco la probabilità e la tecnica (dagli esiti deboli) della verifica delle ipotesi statistiche.
Questo problema di identificazione è ricorrente nella letteratura medica; è riconosciuto nelle tecniche assicurative; continua a avere effetti nella dottrina e nelle dispute giudiziarie. Ha caratterizzato l’itinerario normativo, imponendo il ricorso necessario (assolutamente giustificabile come soluzione pragmatica) a convenzioni”.

I dati

Il nucleo del linguaggio speciale con i relativi rierimenti tecnici e normativi, le gestioni (industria e servizi, agricoltura), i dettagli del processo istruttorio, le cause delle definizione amministrative negativa, anno di protocollo e anno di morte, le “viste” per la lettura dei dati.
Quindi i due lunghi allegati, con La lettura della numerosità delle malattie professionali, sugli “open data dell’Inail e l’Itinerario di lettura sugli “open data” di periodo (ottobre 2014). “Sono considerate le malattie professionali denunciate entro il 31 dicembre 2013, selezionate quindi con la condizione “data di protocollo≤20131231”, rilevate al 31 Ottobre 2014 (data di rilevazione”.
I dati sono suddivisi in sette linee di lettura, come genere e anno di protocollo, classe di menomazione, malattie professionali asbesto correlate, anno di decesso,per settore ICD-10, tipo di indennizzo.

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In GU l’Aggiornamento della regola tecnica prevenzione incendi strutture sanitarie


ROMA – Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 25 marzo 2015 n.70 il decreto del Ministero dell’Interno 19 marzo 2015Aggiornamento della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private di cui al decreto 18 settembre 2002. Sarà in vigore tra trenta giorni.
La nuova regola tecnica introduce due allegati I e II che sostituiscono in toto i titoli III e IV del provvedimento del 2002. Viene introdotto inoltre un nuovo allegato, III, che va a costituire il titolo V della decreto precedente.
Per quanto riguarda le disposizioni in merito all’allegato I, il decreto riporta indicazioni per le strutture sanitarie in regime di ricovero ospedaliero o residenziale con oltre 25 posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto 2002, che non abbiamo completato l’adeguamento alle disposizioni previste.
In alternativa riporta termini temporali, scadenze e modalità riguardanti l’adeguamento delle medesime strutture per lotti di realizzazione (“esplicitandone, per ciascuno di essi, la relativa indipendenza rispetto al resto della struttura da adeguare, l’autonomia di funzionamento in termini di vie di esodo, presidi ed impianti antincendio e idonee compartimentazioni e descrivendo, per ogni lotto di realizzazione, la relativa ubicazione nonché la gestione della sicurezza e delle emergenze e quanto altro afferente alla sicurezza antincendio”).
Per le strutture annoverate dall’allegato I “per le quali siano stati pianificati o siano in corso lavori di adeguamento al decreto del Ministro dell’interno del 18 settembre 2002 sulla base di un progetto approvato dal competente Comando, ovvero sulla base di un progetto approvato in data antecedente all’entrata in vigore del decreto del Ministro dell’interno del 18 settembre 2002″, “è fatta salva la facoltà di optare per l’applicazione del presente decreto per le strutture esistenti di cui all’art. 2″. “In caso di mancato esercizio di tale opzione, gli enti e i privati responsabili delle strutture di cui all’art. 2 presentano al Comando la segnalazione certificata relativa al completo adeguamento antincendio della struttura, che deve comunque avvenire entro il termine massimo di cui all’art. 2, e adempiono a quanto ivi previsto al comma 1, lettera b)”.
L’allegato II contiene disposizioni per l’adeguamento per le strutture di assistenza specialistica in regime ambulatoriale con superficie superiore ai 500 m2 e fino a 1.000 m2, e delle strutture superiori ai 1000m2 esistenti alla data di entrata in vigore del nuovo decreto.
Infine la commercializzazione e l’impiego di prodotti, che devono essere del tipo regolamentato da disposizioni comunitarie. “Gli estintori portatili, gli estintori carrellati, i liquidi schiumogeni, i prodotti per i quali è richiesto il requisito di reazione al fuoco diversi da quelli di cui al comma precedente, gli elementi di chiusura per i quali è richiesto il requisito di resistenza al fuoco, disciplinati in Italia da apposite disposizioni nazionali, già sottoposte con esito positivo alla procedura di informazione di cui alla direttiva 98/34/CE, come modificata dalla direttiva 98/48/CE, che prevedono apposita omologazione per la commercializzazione sul territorio italiano e, a tale fine, il mutuo riconoscimento, sono impiegabili nel campo di applicazione del presente decreto se conformi alle suddette disposizioni”.
L’allegato III, nuovo titolo V è riservato in ultimo alla regolamentazione dle Sistema di gestione della sicurezza finalizzato all’adeguamento antincendio.

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mercoledì 25 marzo 2015

Sicurezza attività agricole e vie di circolazione

Anche i luoghi all’aperto, come un campo agricolo, sono considerati posti di lavoro e occorre applicare l’Art.11, c.3 del DPR 547/1955 che fa espresso riferimento alle “vie di circolazione e altri luoghi e impianti all’aperto utilizzati od occupati da lavoratori durante le loro attività”.
Il datore di lavoro deve quindi preservare i luoghi all’aperto in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli possa avvenire in modo sicuro. Così si è espressa laSez. V Cassazione penale con sentenza n. 43476 del 13 novembre 2009 che ha condannato il titolare di un’azienda agricola per aver arrecato lesioni personali colpose in danno di un dipendente investito da una macchina agricola condotta dallo stesso titolare e ciò in quanto si erano omessi i “concreti  schemi organizzativi” che prevedessero le modalità con cui la macchina agricola si sarebbe dovuta muovere nello stesso ambiente di lavoro in cui si muovevano altri soggetti intenti ad operazioni complementari.
Nel caso, oltre all’osservanza dell’Art. 11 del DPR 547 del 1955, ora ripreso dal punto1.8.3. dell’allegato IV del TU 81/08, il datore di lavoro aveva l’obbligo  sia dell’istruzione dei lavoratori sui rischi connessi alla propria attività, sia del controllo, in modo continuo ed effettivo, della concreta osservanza delle misure predisposte e del corretto utilizzo degli strumenti di lavoro (nel caso, la macchina agricola) e del processo di lavorazione nel luogo di lavoro (inteso anche quello per lo svolgimento dell’attività nelle vie di circolazione dei pedoni e dei veicoli nel campo agricolo, appunto).