domenica 27 aprile 2014

DPI:Protezione dal rumore


protezione dal rumore
  • Protezione dal rumore
  • UNI EN 352
  • UNI EN 458

Fondamenti giuridici

Dal 24 dicembre 1992 sono entrate in vigore le norme, recepite con decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, della direttiva del Consiglio della Comunità Europea, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, relative ai dispositivi di protezione individuale (89/686/CEE). Ai sensi delle nuove disposizioni, i dispositivi di protezione individuale possono essere posti in commercio, se possiedono i requisiti di sicurezza e di protezione della salute, contenuti nell'allegato II della direttiva e se sono provvisti, in seguito ad omologazione, del marchio di conformità CE. Il marchio di conformità CE si compone delle lettere CE (Communauts Europennes - Comunità europea) e delle ultime due cifre dell'anno, in cui É stato apportato il marchio (ad esempio CE 94).
Il marchio CE deve essere apportato, in modo durevole e chiaro, o sul prodotto stesso oppure, in casi eccezionali, sulla minima unità di imballaggio. L'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale É regolato, inoltre, dalla direttiva 89/656/CEE, già recepita con il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. I requisiti stabiliti dalla direttiva 86/188/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro, sono già stati convertiti in legge nazionale.
Le vigenti direttive obbligano il datore di lavoro a ridurre al minimo, compatibilmente con le esigenze dell'azienda, il livello di intensità acustica. Il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, di attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro prevede, per differenti livelli di esposizione al rumore, le seguenti misure da adottare:
< 80 dB (A):
  • il rischio è considerato nullo
> 80 dB (A):
  • effettuare i rilievi dei livelli di esposizione;
  • redigere e tenere a disposizione il registro dei livelli di esposizione;
  • informare i lavoratori sui rischi derivanti dall'esposizione al rumore,
  • sulle misure e gli interventi adottati e sulle misure a cui i lavoratori debbono conformars
> 85 dB (A):
  • provvedere a che i lavoratori ricevano un'adeguata informazione sull'uso corretto dei dispositivi di protezione individuale dell'udito e sull'uso corretto di macchine, utensili e attrezzature;
  • i dispositivi di protezione dal rumore devono essere adattati al singolo lavoratore e adeguati;
  • sottoporre i lavoratori al controllo sanitario che comprende: visita medica preventiva, visite mediche periodiche; custodire le cartelle sanitarie e di rischio.
> 90 dB (A):
  • comunicare all'organo di vigilanza e ai lavoratori le misure tecniche e organizzative applicate o che si intendono adottare, al fine di ridurre al minimo i rischi per l'udito;
  • individuare con segnaletica appropriata i luoghi che comportano un'esposizione superiore a 90 dB (A);
  • disporre ed esigere l'uso dei dispositivi individuali di protezione dell'udito;
  • sottoporre i lavoratori a visite mediche preventive e periodiche;
  • istituire ed aggiornare il registro dei lavoratori esposti al rumore e comunicare ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali.

Questi requisiti valgono, soprattutto, per le aziende di nuova costruzione. Si deve prevedere però che nelle aziende esistenti e anche in determinati procedimenti di lavoro in nuove aziende, la rumorosità non può sempre essere abbassata, anche mediante l'impiego delle attuali possibilità tecniche, a valori del tutto innoqui.
Fondamentalmente la protezione dal rumore É da attuarsi, con misure adeguate, nell'azienda.
I dispositivi di protezione individuale dal suono devono essere utilizzati, nel momento in cui non può essere raggiunta, mediante provvedimenti a livello aziendale, una sufficiente diminuzione del rumore.
Prima della scelta dei dispositivi di protezione dal rumore il datore di lavoro deve procedere ad una valutazione del rischio. Si É in presenza di rischio, quando il livello di intensità acustica raggiunge o supera gli 85 d(B) o quando il valore della pressione acustica istantanea non ponderata raggiunge o supera i 140 dB (v. UNI EN 458).
Il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori, occupati nella zona di esposizione al rischio *) degli adeguati dispositivi di protezione dal rumore. Ciò vale anche se i lavoratori sono occupati al di fuori della zona a rischio, ma il livello di intensità acustica personale di 85 dB (A) può comunque essere raggiunto o superato.


  • Regole tecniche

    UNI EN 352parte 1 e 2Dispositivi di protezione dal rumore, requisiti di sicurezza tecnica, verifiche;
    parte 3progetto;
    parte 4in preparazione.
    UNI EN 457Sicherheit von Maschinen; Akustische Gefahrensignale, Allgemeine Anforderungen, Gestaltung und Prüfung
    UIN E 458Gehörschützer; Empfehlungen für die Auswahl, Einsatz, Pflege und Instandhaltung
    ISO 4869parte 1Dispositivi di protezione dal rumore, metodi soggettivi per la misurazione dell'insonorizzazione.
    ZH1/705(Regole tecniche elaborate dalle Berufsgenossenschaften germaniche)
    Regole per l'impiego dei dispositivi di protezione dal rumore
  • Dispositivi di protezione dal rumore, Scelta

    Dispositivi di protezione dal rumore
    Ai sensi della direttiva UNI EN 352, parte I e II, i dispositivi di protezione dal rumore vengono distinti in tappi auricolari e in cuffie di protezione per l'udito. Particolari dispositivi di protezione contro i rumori sono inoltre gli elmetti di protezione e gli indumenti di protezione contro i rumori. Ad ogni dispositivo di protezione dal rumore devono essere allegate, ai sensi della direttiva UNI EN 352, delle informazioni sull'uso funzionale, sulla perfetta pulizia igienica o desinfestazione, sui dati tecnici, quali l'insonorizzazione e sulla grandezza. Inoltre, ai sensi della direttiva UNI EN 352 i dispositivi di protezione dal rumore devono essere contrassegnati come segue:
    • produttore o marchio commerciale,
    • denominazione del modello,
    • numero della norma,
    • certificato di conformità CE.

    Tappi auricolari di protezione dal rumore (UNI EN 352, parte II)

    I tappi auricolari di protezione dal rumore sono protezioni da inserire nel condotto o bacino uditivo. Esistono tappi auricolari già preformati ed altri da modellare prima dell'uso. Le protesi per l'orecchio consistono in materia plastica polimera specificamente adattati per l'orecchio o da adattare nell'orecchio. I tappi auricolari di protezione per l'udito devono poter essere estratti, senza ausili, dal condotto uditivo.

    Tappi auricolari di protezione dal rumore preformati
    Per livelli di pressione acustica fino a 105 dB (A) si consiglia tappi auricolari di protezione dell'udito preformati, in considerazione del tipo di tappo e della sua capacità di insonorizzazione. I tappi auricolari di protezione dal rumore preformati possono essere introdotti direttamente nel condotto uditivo. La loro lunghezza non deve essere maggiore di 35 mm. compresa la manopola e la linguetta. Essi possono essere uniti a coppia con un archetto. Per la diversa ampiezza del condotto uditivo esistono dei tappi auricolari sia di differenti grandezze o con diametro crescente di diverse lamelle trasversali, circolari (a forma di abete).
    Delle forature nei tappi auricolari di protezione dal rumore comportano, in presenza di una minore insonorizzazione di basse frequenze, una migliore comprensione della conversazione ed una compensazione della pressione dell'aria nel condotto uditivo.
    I tappi auricolari di protezione dal rumore preformati possono essere usati, per lo pi-, diverse volte. Durante il lavoro possono essere inseriti e tolti pi- volte. Perciò per conservarli correttamente deve essere fornita anche una confezione. I tappi auricolari devono possedere una forma geometrica semplice e devono potersi pulire facilmente, in modo igienico. Notevoli differenze nella forma e nella sezione del condotto uditivo possono provocare delle sensazioni di pressione nell'orecchio. Eventualmente É necessario provare altri tipi di protezione dal rumore.

    Tappi auricolari da modellare prima dell'uso
    Questi tappi auricolari devono essere suddivisi in pezzi pronti per l'uso.
    L'ovatta di protezione dal rumore in fine fibra di vetro É utilizzabile fino ad un livello di pressione acustica di 100 dB (A). Essa viene suddivisa al momento della distribuzione con macchine automatiche oppure É contenuta in confezioni, sotto forma di tappi suddivisi, con o senza involucro di sottile pellicola perforata. Grazie all'involucro in pellicola non si danno residui nel condotto uditivo. L'ovatta permette una compensazione della pressione nel condotto uditivo. Con l'uso dell'ovatta la sensazione di portare un corpo estraneo É lieve.
    L'ovatta in cotone É utilizzabile soltanto se essa É permeata di cera modellabile o di vasellina. Il cotone idrofilo non É adatto come protezione dell'udito.
    I tappi auricolari di protezione dal rumore in schiuma di polimero sono utilizzabili per un livello di pressione acustica fino a circa 105 dB (A). Essi vengono innanzitutto schiacciati tra le dita, fino a riceverne la forma di un sottile cilindro; essi si espandono, dopo il loro inserimento nel condotto uditivo, chiudendolo bene. Ciò comporta, in presenza di un'aderenza uniforme nel condotto uditivo, una sensazione di pressione piuttosto lieve. I tappi auricolari di protezione dal rumore in schiuma di polimero sono utilizzabili sia una che più volte.
  • Protesi auricolari

    Protesi auricolari
    Le protesi di protezione dal rumore vengono modellate a seconda del bacino e del condotto uditivo della persona che li utilizza; essi chiudono il condotto uditivo, senza esercitare una pressione sulle sue pareti. La loro insonorizzazione É piuttosto bassa.

    Cuffie di protezione dal rumore (UNI EN 352, parte 1)

    Per un livello di pressione acustica fino a 115 dB (A) si consigliano cuffie di protezione dal rumore, a seconda della loro capacità di insonorizzazione, variabile con la frequenza, indicata dal produttore. Le cuffie di protezione con alta insonorizzazione possono essere utilizzate anche per livelli di intensità acustica superiori a 115 dB (A), eventualmente insieme con tappi auricolari di protezione, fintantoch‚ non sia consigliabile l'uso di elmetti o indumenti di protezione contro il rumore.
    Questo tipo di protezione ricopre ogni padiglione auricolare con una coppa. Le coppe auricolari vengono trattenute al capo con l'ausilio di un archetto o possono essere fissate agli elmetti di protezione ad uso industriale. Archetti di tipo universale, ai sensi della direttiva UNI EN 352, parte IV, possono essere portati, a scelta, sul capo, sulla nuca o sotto il mento. Gli archetti portati sulla nuca o sotto il mento permettono l'uso contemporaneo di un elmetto di sicurezza. In questo modo, tuttavia, i dispositivi di protezione dal rumore scivolano facilmente. In questi casi É preferibile fissare le cuffie all'elmetto di sicurezza. In commercio sono disponibili cuffie con appositi dispositivi di fissaggio.
    L'aderenza delle coppe auricolari al capo viene garantita mediante un'anello di guarnizione. Esso consiste di un rivestimento in materiale sintetico, riempito con dell'espanso rigido, del materiale liquido o dell'aria. Gli anelli di guarnizione con riempimento in materiale liquido o d'aria permettono un'uniforme distribuzione della pressione: facilmente, tuttavia, diventano anermetici. Nel caso di riempimento con dell'espanso rigido, lievi danneggiamenti degli anelli di guarnizione non pregiudicano la protezione dal rumore. Gli elementi di guarnizione devono essere sostituibili.
    Al fine di adattare le cuffie di protezione dal rumore alle diverse forme del capo, É necessario che l'altezza dell'archetto sia regolabile, fino al centro delle coppe auricolari, tra i 125 e i 142 mm. e che le coppe siano regolabili nei due sensi. Ai sensi della direttiva UNI EN 352 la forza di pressione non deve essere superiore a 15 N.

     Protesi auricolari

    Nel caso di alte frequenze l'insonorizzazione É pi- efficace con le cuffie di protezione dal rumore che con i tappi auricolari. Perciò la comprensione della conversazione É generalmente buona. Oltre a ciò esse offrono il vantaggio, che nessun corpo estraneo può essere introdotto nel condotto uditivo. Inoltre esse possono essere tolte e indossate con facilità: ciò É particolarmente pratico per differenti esposizioni al rumore. Per le cuffie di protezione non si rendono necessarie diverse grandezze, in quanto esse si adattano alla forma del capo mediante la regolazione dell'archetto e delle coppe.
    Le cuffie di protezione dal rumore permettono l'inserimento di dispositivi di comunicazione. Mediante un microfono da laringe la conversazione É possibile anche in presenza di forti rumori.
    D'altra parte, nel caso di alte temperature dell'ambiente, l'uso delle cuffie di protezione dal rumore può provocare sudorazione. Nel caso di lavori con produzione di polvere, si può formare, tra i cuscinetti di guarnizione e la pelle, uno strato di sporcizia, che può provocare delle irritazioni alla pelle. Ogni lavoratore sottoposto all'influsso del rumore dovrebbe quindi utilizzare, per motivi igienici, un proprio dispositivo di protezione dal rumore. Ciò favorisce inoltre la disponibilità all'uso dei dispositivi di protezione dal rumore.
  • Elmetti di protezione contro i rumori

    Mediante gli elmetti di protezione dal rumore vengono protetti, oltre al padiglione auricolare, anche altre parti essenziali del capo. La trasmissione del suono attraverso l'aria dalla struttura ossea del cranio all'interno dell'orecchio dovrebbe essere diminuita. Da misurazioni effettuate sugli elmetti di protezione, in presenza di frequenze al di sotto di 2 kHz, si É ottenuta un'inferiore insonorizzazione, rispetto all'uso dei pi- efficaci tappi auricolari e delle cuffie di protezione dal rumore. L'utilizzo di elmetti di protezione dal rumore, in combinazione con tappi auricolari di protezione, É consigliabile soltanto per livelli di pressione acustica elevati.
  • Indumenti di protezione dal rumore

    Per livelli di pressione acustica superiori a 130 dB (A) É necessario l'uso di un ulteriore protezione del corpo mediante indumenti di protezione dal rumore, poich‚ l'esposizione diretta degli organi interni all'azione del suono può provocare malessere, nausea, perdita dell'equilibrio ed altri disturbi. In questi casi possono venire utilizzati, oltre ai dispositivi di protezione dal rumore, indumenti di protezione dai rumori, ad esempio combinazioni con pelle.
    Riproduzione per gentile concessione dell´ufficio regionale bavarese per la tutela del lavoro, medicina del lavoro e tecnica della sicurezza
  • DPI: Protezione del corpo

    Abbigliamento di protezione


    Per protezione del corpo s'intende l'abbigliamento che copre il tronco, come ad es. gli indumenti di protezione, compresi i panciotti, le giacche, i pantaloni, i mantelli ed i grembiuli di protezione. Anche l'abbigliamento di segnalazione contro i pericoli della circolazione stradale rientra nella categoria dell'abbigliamento di protezione. La norma armonizzata UNI EN 340 "Abbigliamento di protezione - Requisiti generali" stabilisce i requisiti fondamentali dell'abbigliamento di protezione, ai quali si fa riferimento nelle norme speciali, come ad es. nelle norme UNI EN 470 "Abbigliamento per i lavori di saldatura e procedimenti similari". I "Requisiti Generali" relativi all'abbigliamento di protezione forniscono le necessarie indicazioni sul contrassegno e sul costruttore, sulla taglia dell'abbigliamento e sul comportamento del materiale all'invecchiamento.
    Contrassegno
    L'abbigliamento di protezione deve essere munito, oltre che del marchio di conformità CE, anche dei seguenti contrassegni:
    • nome, marchio di fabbrica o altre modalità d'identificazione del costruttore o del suo mandatario,
    • tipo, nome commerciale o codice,
    • grandezza,
    • numero della norma europea,
    • pittogramma relativo al pericolo, contro il quale viene utilizzato l'abbigliamento di protezione, in special modo l'ambito di utilizzo ed eventualmente i livelli di efficacia o le classi,
    • contrassegno per la manutenzione.
    Informazioni sul costruttore
    Ogni capo dell' abbigliamento di protezione deve essere accompagnato da chiare informazioni in forma scritta, nelle quali devono essere contenute essenzialmente le seguenti indicazioni:
    • nome e indirizzo completo del costruttore o del suo mandatario nella società,
    • denominazione del prodotto,
    • numero della norma europea,
    • spiegazione dei pittogrammi, dei livelli o classi di prestazione,
    • indicazioni sull'uso
    Abbigliamento di protezione contro il freddo, secondo UNI EN 342
    Per la protezione contro le temperature inferiori ai -5 øC - ad es. nelle celle frigorifere o per i lavori all'aperto (nel periodo invernale) - viene utilizzato l'abbigliamento di protezione in tessuto imbottito o a più strati di materiale sintetico o naturale. Per la permeabilità all'aria e la resistenza alla permeabilità del vapore acqueo sono stabilite tre, rispettivamente quattro classi (livelli di prestazione).
    Abbigliamento di protezione contro le intemperie, secondo UNI EN 343
    Nel caso di condizioni atmosferiche sfavorevoli, di vento o di temperatura ambientale al di sopra di -5øC, viene utilizzato l'abbigliamento di protezione in materiale sintetico o in tessuto plasticato con aperture per l'aerazione sotto le ascelle e sulla schiena. Se utilizzato con una fodera termica l'abbigliamento di protezione contro le intemperie può servire anche come abbigliamento di protezione contro il freddo fino a temperature di -5øC.
    Abbigliamento di protezione per la saldatura e procedimenti similari, secondo UNI EN 470
    L'abbigliamento di protezione deve proteggere colui che lo indossa dalle ustioni dovute a particelle metalliche calde o roventi e dal breve contatto con fiamme e radiazioni ultraviolette. La norma UNI EN 470 è valida sia per l'abbigliamento di protezione in pelle che in tessuto. Le particelle roventi o gli spruzzi di saldatura non devono rimanere attaccate all'abbigliamento di protezione. La reazione al fuoco del materiale utilizzato deve rispondere perlomeno ai requisiti della classe 1, ai sensi delle norme CEN 162 N 105.
    Abbigliamento di protezione per i lavoratori del settore industriale, esposti al calore, secondo UNI EN 531
    (ad eccezione dell'abbigliamento di protezione per i vigili del fuoco e per i saldatori)
    Tale abbigliamento è indicato per la protezione contro l'azione di parti roventi, del calore radiante, di brevi contatti con fiamme libere, delle scintille, cosi' come degli spruzzi di scorie o di metallo liquidi. L'abbigliamento di protezione dal calore deve riflettere il calore radiante e deve essere difficilmente o affatto infiammabile. Questi requisiti sono soddisfatti dalle fibre minerali, dalle fibre naturali difficilmente infiammabili e dalle fibre sintetiche. Esse sono tessuti portanti, per il rivestimento superficiale riflettente con lamine di alluminio, rame, argento ed oro, i quali riflettono il calore radiante fino al 90%. Contro le sostanze liquide infiammabili vengono utilizzati tessuti con rivestimento in materiale sintetico autoestinguente, che in parte è resistente agli acidi.
    I requisiti dell'abbigliamento di protezione sono stabiliti mediante livelli di prestazione, rappresentati nel pittogramma con 5 numeri:
    Posizione
    1 propagazione limitata delle fiammeprova secondo le norme CEN/TC 162N 126 (ad es. 2)
    2 calore di convezioneprova secondo le norme DIN EN 367 (ad es.. 3)
    3 calore radianteprova secondo le norme DIN EN 366 (ad es. 3)
    5 spruzzi di metallo liquido-alluminioprova secondo le norme DIN EN 373 (ad es. 2)
    6 spruzzi di metallo liquido-ferroprova secondo le norme DIN EN 373 (ad es. 1)
    I requisiti per l'abbigliamento di protezione per i vigili del fuoco sono contenuti nelle norme UNI EN 469.
    Abbigliamento di protezione contro le sostanze chimiche
    I vestiti, i mantelli, i grembiuli, le maniche e le cappe devono proteggere dalle sostanze chimiche liquide e solide (particellate) e dalle sostanze biologiche.
    Le norme armonizzate riguardanti l'abbigliamento di protezione dalle sostanze chimiche indicano i requisiti necessari per il materiale utilizzato, per le cuciture e le giunzioni, cosi' come i requisiti complessivi dell'abbigliamento di protezione.
    Le seguenti norme EN riguardanti l'abbigliamento di protezione dalle sostanze chimiche liquide, liquide e gassose, compresi gli aerosol da liquidi e le particelle solide sono nuove:
    • UNI EN 465 Abbigliamento di protezione contro le sostanze chimiche; protezione contro sostanze chimiche liquide; requisiti di prestazione; equipaggiamento tipo 4; indumenti di protezione con congiunzioni impermeabili tra le diverse parti dell'indumento.
    • UNI EN 466 Abbigliamento di protezione contro le sostanze chimiche; protezione contro sostanze chimiche liquide (compresi gli aerosol da liquidi), requisiti di prestazione; equipaggiamento tipo 3; abbigliamento di protezione con congiunzioni impermeabili tra le diverse parti dell'indumento.
    Le norme stabiliscono dei requisiti minimi dell'abbigliamento di protezione contro le sostanze chimiche, con congiunzioni tra le parti dell'indumento impermeabili ai liquidi e agli spray.
    • UNI EN 467 Abbigliamento di protezione contro le sostanze chimiche; protezione contro sostanze chimiche liquide; requisiti di prestazione; equipaggiamento tipo 5; indumenti che garantiscono una protezione contro le sostanze chimiche per parti del corpo.
    Nella norma vengono stabiliti i requisiti minimi del materiale per l'abbigliamento di protezione come ad es. grembiuli, maniche e cappe.
    • UNI EN 943 Abbigliamento di protezione per l'uso contro le sostanze chimiche, liquide e gassose, compresi aerosol da liquidi e particelle solide; requisiti di prestazione per l'abbigliamento di protezione senza aerazione, con giunzioni impermeabili ai gas (equipaggiamento tipo 1B).
    La norma stabilisce i requisiti minimi per l'abbigliamento di protezione a tenuta contro le sostanze chimiche gassose, sopra il quale viene indossato un apparecchio per l'approvvigionamento dell'aria, che funziona indipendentemente dall'atmosfera ambientale (per es. recipiente con aria compressa). Nell'indumento è installata una maschera completa, alla quale è collegato dall'esterno l'apparecchio di protezione delle vie respiratorie.
    • UNI EN 944 Abbigliamento di protezione per l'uso contro le sostanze chimiche liquide e gassose, compresi aerosol da liquidi e particelle solide; requisiti di prestazione per l'abbigliamento di protezione alimentato ad aria compressa, con giunzioni a tenuta di gas (equipaggiamento tipo 1C)
    La norma stabilisce i requisiti minimi per l'abbigliamento di protezione a tenuta di gas. L'aria per la respirazione viene introdotta in sovrapressione, ad es. mediante il tubo per l'aria compressa con valvola di regolazione.
    • UNI EN 945 Abbigliamento di protezione per l'uso contro le sostanze chimiche liquide e gassose, compresi aerosol da liquidi e particelle solide; requisiti di prestazione per abbigliamento di protezione alimentato ad aria compressa con giunzioni non a tenuta di gas (esecuzione tipo 2)
    L'approvvigionamento dell'aria dell'abbigliamento di protezione ventilato avviene come per gli indumenti di protezione secondo UNI EN 944.
    • UNI EN 946 Abbigliamento di protezione per l'uso contro le sostanze chimiche liquide e gassose, compresi aerosol da liquidi e particelle solide; requisiti di prestazione per l'abbigliamento di protezione avvolgente e non aerato con giunzioni a tenuta di gas (esecuzione tipo 1A).
    L'abbigliamento di protezione a tenuta di gas viene utilizzato con un apparecchio di protezione per le vie respiratorie, che opera indipendentemente dall'atmosfera circostante, ad es. un recipiente con aria compressa. L'apparecchio di protezione delle vie respiratorie viene portato al di sotto dell'abbigliamento di protezione contro le sostanze chimiche.
    Abbigliamento di protezione per elettricisti
    Per i lavori agli impianti elettrici è necessario utilizzare i dispositivi di protezione individuale, verificati ai sensi delle norme DIN VDE 0689, parte 1. In questi rientrano i dispositivi isolanti di protezione per il capo, il viso, le mani, i piedi ed il corpo. Poichè l'abbigliamento isolante di protezione è impermeabile al vapore acqueo, esso non viene utilizzato volentieri. Questo tipo di abbigliamento deve essere provato con la tensione di 1000 V e deve essere contrassegnato specificatamente (vedi simbolo).
    Abbigliamento di protezione contro azioni meccaniche
    L'abbigliamento di protezione per i luoghi di lavoro in cui può verificarsi il pericolo di rimanere impigliati in parti mobili o rotanti, deve rispondere ai requisiti contenuti nelle norme UNI EN 510. Oltre all'indumento a un pezzo (tuta con o senza maniche) vengono utilizzati anche giubbotti e pantaloni con patta. Si tratta di abbigliamento aderente con superfici lisce, prive di tasche esterne e con chiusure che non finiscono aperte verso l'esterno.
    Abbigliamento di protezione da puntura o taglio
    I grembiuli, i guanti e i bracciali che proteggono da lesioni da puntura o da taglio, vengono utilizzati nelle aziende per la lavorazione della carne. La norma UNI EN 412 "Grembiuli di protezione con l'uso di coltelli" contiene, tra l'altro, i requisiti relativi al materiale, alla resistenza alla penetrazione, alla conformazione e al contrassegno dei dispositivi di protezione individuale. L'abbigliamento di protezione è formato solitamente da un tessuto metallico di acciaio inossidabile o di ottone nichelato.
    Abbigliamento di protezione per gli utenti di seghe portatili a catena, secondo UNI EN 381
    Nell' impiego delle seghe a catena devono essere protette dal pericolo di tagli in particolar modo la zona delle gambe e dell'addome.
    Nella norma UNI EN 381 sono stabiliti i requisiti per la protezione delle gambe. L'inserto di protezione contro il taglio è formato generalmente da più strati di stoffa o da un insieme di filamenti singoli, molto lunghi. Se la catena della segatrice taglia lo strato superiore della stoffa, i filamenti dell'inserto di protezione vengono strappati fuori intasando la ruota della catena e bloccando in frazioni di secondo la sega a catena.
    Abbigliamento di segnalazione, secondo UNI EN 471 contro i pericoli della circolazione stradale
    .
    Vengono stabilite 3 classi di abbigliamento di segnalazione, in dipendenza delle superfici minime del materiale fluorescente di sfondo e del materiale riflettente.
    Classe 3: ad es. tuta, giacca
    Classe 2: ad es. panciotto, soprabito, pantaloni,
    Classe 1: ad es. bretelle in materiale riflettente
    Per il materiale di sfondo è ammesso non soltanto il colore fluorescente arancione-rosso, ma anche il giallo e il rosso fluorescenti.

    Abbigliamento di protezione contro le sostanze radioattive
    L'abbigliamento deve proteggere contro la contaminazione da sostanze radioattive e non dalle radiazioni radioattive. L'abbigliamento di protezione rivestito e permeabile all'aria, viene utilizzato, insieme con i dispositivi di protezione delle vie respiratorie, nei lavori in cui s'impiega materiale fissibile o sostanze radioattive. Attualmente è in via di elaborazione una norma EN per l'abbigliamento di protezione contro la contaminazione radioattiva.

    venerdì 18 aprile 2014

    Attestato di prestazione energetica. Quando...

    L'obbligo di dotare l'immobile dell'attestato di prestazione energetica (Ape) trova ragione solo quando a questo dev'essere assicurato un particolare comfort abitativo, che si realizza attraverso l'impiego di sistemi tecnici di climatizzazione, sia invernale che estiva. Ne sono esclusi, pertanto, tutti quegli edifici che non comportano consumi energetici, o i cui consumi sono del tutto irrilevanti in ragione delle loro caratteristiche o destinazioni d'uso.
    Sulla base di tale principio generale, si può dire che l'abitazione rurale fornita di solo riscaldamento a legna, e quindi priva di un diverso impianto, non dev'essere dotata dell'Ape, cui, di conseguenza, non bisognerà fare riferimento in eventuali annunci di vendita e nelle trattative venditore-acquirente.
    Esclusione dall'obbligo
    L'articolo 3 del Dlgs 192/2005 prevede i casi in cui viene meno l'obbligo di dotare di Ape l'immobile. Vanno poi aggiunti i casi in cui l'esclusione deriva dalla interpretazione sistematica della normativa vigente.
    Sono in primo luogo esclusi i beni soggetti a vincolo paesaggistico o culturale che, qualora dovessero rispettare le prescrizioni in esso contenute, andrebbero a subire un'alterazione sostanziale dell'aspetto estetico-architettonico, con particolare riferimento ai profili storici, artistici e paesaggistici: il giudizio spetta all'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione (articolo 3, comma 3, lettera a).
    L'esclusione è prevista, poi, per i fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati (articolo 3, comma 3, lettera d), nonché per quelli industriali e artigianali con ambienti riscaldati solo per esigenze del processo produttivo (articolo 3, comma 3, lettera b) o, pur nel silenzio della legge, per quelli non riscaldati in conseguenza del l'uso cui sono destinati e, quindi, privi di impianti di qualsiasi genere.
    Ci sono poi i fabbricati agricoli non residenziali (articolo 3, comma 3, lettera c), anch'essi sforniti di impianti termici – si pensi a una stalla, a un fienile, a un deposito per attrezzi agricoli – nonché le unità immobiliari il cui utilizzo standard non prevede neppure l'installazione e l'impiego di sistemi tecnici di climatizzazione (articolo 3, comma 3, lettera e).
    È, quest'ultima, una categoria di immobili previsti in via residuale, in quanto non ricompresi in tipologie elencate in un'altra norma (vale a dire nell'articolo 3 del Dpr 412/1993, che invece include abitazioni adibite a residenza con carattere continuativo, seconde case, uffici, collegi, conventi, case di pena, caserme, alberghi, ospedali, cliniche eccetera). Di conseguenza, non necessitano del l'Ape i box auto, i posti auto coperti, le cantine, le autorimesse, i parcheggi multipiano, i depositi e le strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi, sempre sulla base della loro tipica destinazione, e, in genere, gli altri immobili ad essi equiparabili, in cui non è necessario garantire un comfort abitativo.
    Seguono i cosiddetti ruderi, cioè quelle costruzioni non abitabili o agibili e, comunque, di fatto non utilizzabili a causa di dissesti statici, di fatiscenza o inesistenza di elementi strutturali e impiantistici, oppure delle principali finiture ordinariamente presenti nella categoria catastale in cui l'immobile è censito o censibile.
    In condominio
    L'Ape va escluso, infine, per le parti comuni condominiali indicate nell'articolo 1117, n. 1, del Codice civile, in quanto non possono essere ceduti autonomamente perché oggetto di comunione "vincolata", caratterizzata, da un lato, da un vincolo di obbligo di destinazione a servizio dell'intero condominio (che può essere semmai disatteso con una maggioranza più che qualificata, ex articolo 1117-ter del Codice civile) e, dall'altro, dal vincolo di indivisibilità in base all'articolo 1119 del Codice civile. Un'esclusione espressa non sussiste, invece, per quei beni condominiali, quale l'alloggio del portiere, di cui è venuta meno la destinazione a servizio del condominio, e per i quali viene decisa la vendita da parte di tutti i condomini.
    In ogni caso, condizione per l'esclusione dall'obbligo dell'attestato di prestazione energetica è che lo status del bene immobile venga espressamente dichiarato nell'atto notarile di trasferimento della proprietà. Tale onere grava sulla parte alienante, che si assume tutte le responsabilità connesse a tale dichiarazione: nulla le impedisce, peraltro, di avvalersi di una relazione descrittiva redatta da un tecnico abilitato, da allegare all'atto notarile.

    lunedì 14 aprile 2014

    Imprese e sostanze chimiche, video tutorial in italiano dell’applicativo Chesar

    ROMA – Pubblicata sul sito del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio la traduzione in italiano del video-tutorial prodotto dall’Echa riguardante l’applicativo Chesar, lo strumento informatico sviluppato dall’Agenzia per aiutare le industrie a effettuare la valutazione sulla sicurezza chimica (Csa), preparare la relazione sulla sicurezza chimica (Csr) e gli scenari di esposizione (Es) da allegare alle schede di sicurezza estese (Ssd).
    Utilizzando Chesar i dichiaranti hanno a disposizione una procedura strutturata e armonizzata che include l’utilizzo di una library sulle sostanze e sui suoi pericoli e strumenti per la descrizione dell’uso e per la stima dell’esposizione in diverse condizioni.
    L’utente attraverso l’applicativo può quindi predisporre lo scenario di esposizione, caratterizzare il rischio e generare la relazione sulla sicurezza chimica, inclusi gli scenari di esposizione per la scheda di sicurezza estesa, sia in formato elettronico per lo scambio che come documento di testo.
    Il video presenta le principali funzionalità di Chesar e illustra i passaggi necessari per la redazione di Csa, Csr ed Es, evidenziando sia le possibilità per l’utente di utilizzare procedure standardizzate ma anche di adattare lo strumento ai suoi specifici bisogni.
    Vengono descritti i sette gruppi di funzionalità (Box) su cui è strutturato il programma:
    • Box 1 – Gestione della sostanza;
    • Box 2 – Gestione dell’uso;
    • Box 3 – Gestione della stima d’esposizione;
    • Box 4 – Scenari di esposizione e predisposizione della scheda di sicurezza chimica;
    • Box 5 – Scenari di esposizione per la predisposizione della comunicazione relativa; alla scheda di sicurezza estesa
    • Box 6 – Gestione della libreria (library);
    • Box 7 – Gestione utente.
    Nel Box 1 il valutatore può cercare la sostanza su cui intende effettuare la valutazione di sicurezza chimica. Se la sostanza non è inclusa nel database di Chesar il valutatore può importarla da Iuclid. Il valutatore può così accedere ai dati sull’identità della sostanza, sulle proprietà chimico-fisiche, sui pericoli chimico fisici, per la salute umana e per l’ambiente.
    Nel Box 2, utilizzando la struttura ad albero di Chesar, l’utente potrà definire i diversi usi della sostanza e definire i pericoli per la salute e per l’ambiente e i tonnellaggi relativi ad ogni uso. La struttura ad albero degli usi può essere modificata dall’utente che può aggiungere nuove voci o dettagliare e adattare quelle già presenti.
    Nel Box 3 il valutatore seleziona il metodo più appropriato per la stima dell’esposizione
    Il Box 4 consente la creazione di scenari di esposizione, consolidando i dati precedentemente inseriti.
    Nel Box 5 l’utente viene supportato nella compilazione delle relazioni attraverso una griglia già predisposta e potendo accedere a repertori di frasi standard. Infine si descrivono le possibilità di importazione dei dati in Chesar e la loro esportazione e compatibilità con altri applicativi e database.
    Per approfondire: Chesar tutorial in italiano.

    venerdì 11 aprile 2014

    FIRMA LA PETIZIONE

    Ciao gioacchino,
    Sono Paola, madre di Matteo, rigger morto il 5 marzo 2012 a Reggio Calabria, durante il montaggio del mega palco per il concerto di Laura Pausini.
    A poco più di due anni dall’incidente che causò la morte di Matteo, la Procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, ha concluso la fase investigativa individuando sette persone alle quali viene contestato il reato di omicidio colposo.
    Tuttavia Rigger, scaffolder, facchini, sono ancora tutti "lavoratori invisibili" dello spettacolo!
    Gli operai specializzati adibiti a costruire e gestire le strutture per i grandi eventi live, come i concerti con turni di lavoro illimitati, sono esasperati dalla necessità di rispettare le consegne programmate, e con personale insufficiente. Condizioni rese ancor più "ad alto rischio" dalla mancanza di revisione dei materiali assemblati e da un' organizzazione dei cantieri basata più sulla consuetudine che sulle regole e sulle leggi; una prassi che non rispetta la gerarchia formale e sostanziale dei ruoli operativi. 
    Quello dei concerti è un business milionario, l’unico nel mercato della musica in grado di assicurare, ancora oggi, i massicci guadagni di una volta. Ma questo non deve prescindere dalla sicurezza dei lavoratori.
    Andrebbe verificata l'idoneità delle location che accolgono le strutture da montare, i turni andrebbero programmati in maniera adeguata e andrebbe regolato il sistema di scatole cinesi degli spettacoli live.
    Grazie,
    Paola Armellini via Change.org

    giovedì 10 aprile 2014

    Attestato di Prestazione Energetica degli edifici,

    Dal 12 luglio 2013 è in vigore il nuovo “Regolamento recante disciplina dei criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l’indipendenza degli esperti e degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici”. Con la pubblicazione del D.L. 63/2013, convertito in Legge 90/2013 il 3 agosto del 2013, si recepisce la Direttiva 2010/31/UE e si introduce la nuova attestazione energetica degli edifici, ovvero A.P.E. Attestato di Prestazione Energetica degli edifici, sostituendo l’A.C.E. Attestato di Certificazione Energetica degli edifici. Il D.L. 63/2013 si applica in tutte le regioni e province autonome che non si sono ancora adeguate alla direttiva 2010/31/UE. In caso di edifici nuovi, ristrutturazioni importanti, vendite di immobili o nuovi contratti di affitto è obbligatorio allegare l’attestazione di prestazione energetica (A.P.E.). L’A.P.E. è un documento che certifica la prestazione energetica, ovvero il fabbisogno energetico di un edificio attraverso specifici indici energetici, e fornisce raccomandazioni per il miglioramento dell’efficienza energetica. E’ redatto da esperti qualificati (tecnici certificatori) sulla base di disposizioni normative specifiche.
    OBIETTIVI PROFESSIONALI
    Il corso è finalizzato a fornire una panoramica della legislazione e della normativa tecnica vigente sull’attestazione energetica degli edifici e sulle analisi ed opportunità inerenti gli interventi di risparmio energetico.
    OBIETTIVO FORMATIVO
    Il corso forma il discente in tutti i suoi fondamenti di energetica edilizia, istruendo su metodologie e tecniche di indagine in campo e sulle metodologie per la valutazione dei consumi energetici degli edifici. Si tratterà di “Bilancio energetico dell’edificio”: come si fa, come si legge e quali sono le soluzioni da proporre e adottare. Inoltre si valuteranno le basi delle procedure di analisi e le loro applicazioni pratiche. Al termine di ogni modulo professionalizzante i partecipanti saranno sottoposti a prove teorico–pratiche in grado di evidenziare il livello di apprendimento delle principali nozioni trasmesse, di acquisire specifiche competenze, di testare l’autonomia operativa concretamente raggiunta per l’applicazione pratica delle abilità acquisite.

    martedì 1 aprile 2014

    Tecnici abilitati alla certificazione energetica: competenze

     

    Competenze dei tecnici abilitati alla certificazione energetica, l’analisi del decreto

    Da alcuni giorni si parla del decreto del Presidente della Repubblica di attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n.192 e successive modificazioni, concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia. Si tratta dell’ultimo decreto che, regolamentando i requisiti professionali e i criteri di accreditamento degli esperti o degli organismi, va a completare il quadro della normativa nazionale in materia di certificazione energetica degli edifici, di cui si era in attesa ormai da alcuni anni.
    Chi può effettuare la certificazione energetica degli edifici? 
    Secondo l’art.2 sono riconosciuti come soggetti certificatori: i tecnici abilitati; gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico operanti nel settore dell’energia e dell’edilizia, le cui attività siano esplicate con uno o più tecnici abilitati; gli organismi pubblici e privati qualificati ad effettuare attività di ispezione nel settore delle costruzioni edili, opere di ingegneria civile e impiantistica connessa, accreditati presso Accredia, l’organismo nazionale di accreditamento o un suo equivalente europeo, sempre le cui attività siano esplicate con uno o più tecnici abilitati; le società di servizi energetici (ESCO), che operino anche’esse attraverso uno o più tecnici abilitati.
    Quali tecnici sono abilitati alla certificazione energetica?
    A disciplinare i requisiti sono, in particolare, i comma 3 e 4 dell’art.2. Il tecnico abilitato può operare sia in veste di dipendente di enti o organismi pubblici o di ESCO pubbliche o private, comprese le società di ingegneria, sia come prefessionista libero o associato e deve rispondere almeno ad uno dei seguenti requisiti:
    Essere iscritto ai relativi albi professionali e abilitato all’esercizio della professione relativa alla progettazione di edifici e impianti asserviti agli edifici stessi, nell’ambito delle specifiche competenze attribuite al suo stesso esercizio dalla legislazione vigente. La legge specifica che, il tecnico, qualora non avesse tutte le competenze, egli opera nell’ambito delle proprie compenteze e in collaborazione con un altro tecnico abilitato al fine di coprire le competenze mancanti. Ma non è sufficiente,
     il tecnico deve essere in possesso di uno dei seguenti titoli:
    - laurea magistrale di cui al d.m. 16 marzo 2007 in Architettura e Ingegneria Edile-Architettura (LM-4), in Ingegneria Chimica (LM-22), in Ingegneria Civile (LM-23), in Ingegneria dei Sistemi Edilizi (LM-24), in Ingegneria della Sicurezza (LM-26), in Ingegneria Elettrica (LM-28), in Ingegneria Energetica e Nucleare (LM-30), in Ingegneria Gestionale (LM-31), in Ingegneria Meccanica (LM-33), in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio (LM-35), in Scienza ed Ingegneria dei Materiali (LM-53), in Scienze e Tecnologie Agrarie (LM-69) e in Scienze e Tecnologie della Chimica Industriale (LM-71) o laurea specialistica di cui al D.M. 04/08/2000 in Architettura e Ingegneria Edile (4/S), in Ingegneria Chimica (27/S), in Ingegneria Civile (28/S), in Ingegneria Elettrica (31/S), in Ingegneria Energetica e Nucleare (33/S), in Ingegneria Gestionale (34/S), in Ingegneria Meccanica (36/S), in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio (38/S), in Scienza ed Ingegneria dei Materiali (31/S), in Scienze e Gestione delle Risorse Rurali e Forestali (74/S) e in Scienze e Tecnologie Agrarie (77/S);
    - laurea, cosidetta triennale, di cui al d.m. 16 marzo 2007 in Ingegneria Civile e Ambientale (L7), in Ingegneria Industriale (L9), in Scienze dell’Architettura (L17), in Scienze e Tecniche dell’Edilizia (L23) e Scienze Agrarie e Forestali (L25), o laurea, cosidetta triennale, di cui al d.m. 4 agosto 2000 in Scienze dell’Architettura e dell’Ingegneria Edile (4), in Ingegneria Civile e Ambientale (8), in Ingegneria Industriale (10), in Scienze e tecnologie agrarie, agroalimentari e forestali (20);
    - perito industriale: diploma di istruzione tecnica, settore tecnologico, indirizzo meccanica, meccatronica ed energia articolazione “energia” o indirizzo elettronica ed elettrotecnica articolazione “elettrotecnica”, oppure diploma di perito industriale in uno dei seguenti indirizzi specializzati: edilizia, elettrotecnica, meccanica o termotecnica;
    - geometra: diploma di istruzione tecnica, settore tecnologico, indirizzocostruzioni, ambiente e territorio oppure diploma di geometra.
    C’è da sottolineare che per i laureati nelle classi di laurea in ingegneria suindicate ed iscritti all’ordine non esistono limiti di competenza sia che siano iscritti al settore a) civile e ambientale, sia che siano iscritti al settore b) industriale. Questo era già stato affermato dalla circolare n. 367 del 15 novembre 2010 del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, a proposito dei limiti di competenza nella certificazione energetica degli ingegneri junior iscritti a settori suindicati in base alle disposizioni di legge in vigore in quella data e che, come in questo decreto, indicavano tra i requisiti l’abilitazione alla progettazione di edifici e impianti (d.lgs. 115/2008). A rafforzare questo concetto, applicabile anche alle disposizioni di questo nuovo e specifico decreto, è soggiunto ormai un anno fa, un parere ancor più autorevole. Si tratta della sentenza del Consiglio di Stato n.686 del 09/02/2012, nella quale si afferma che il d.P.R. 328/2001 (il decreto che suddivide gli ingegneri nei settori, per intenderci) “non modifica l’ambito stabilito dalla normativa vigente in ordine alle attività attribuite o riservate, in via esclusiva o meno, a ciascuna professione” e che “l’elencazione, compiuta all’art. 46 del decreto, delle attività attribuite agli iscritti ai diversi settori delle sezioni A e B dell’albo dell’Ordine degli ingegneri, ha il solo scopo di procedere ad una siffatta ripartizione, individuando quelle maggiormente caratterizzanti la professione, restando immutato il quadro complessivo delle attività esercitabili nell’ambito della professione stessa come già normativamente definito” e che pertanto “le disposizioni vigenti in tema di attività riservate a ciascuna delle citate professioni, rimangono quelle previste agli artt. 51 e 52 del Regio Decreto 23 ottobre 1925 n° 2537 come richiamato dallo stesso comma 2 dell’art. 1 del d.P.R. 328/2001.
    Come a dire: chi è iscritto all’ordine degli ingegneri, indipendentemente dal settore di competenza, non vede immutato il quadro delle proprie attività esercitabili e la suddivisione in settori ha il mero scopo di individuarne quelle maggiormente caratterizzanti. Ovviamente nel pieno rispetto del codice etico che impone la non accettazione di incarichi per i quali si ritiene di non avere le competenze necessarie.
    Relativamente alle altre figure professionali, ad esclusione degli architetti, ci sarebbe stata esigenza di maggior chiarezza. Il legislatore non ha tenuto di dover distinguere quali figure professionali abbiano competenze congiunte nel campo della progettazione di edifici e impianti e quali non li abbiano, competenze che sono certamente contenute in quelle leggi che regolamentano le attività delle singole professioni. In passato questi tipi di limiti di competenza, in materia di certificazione energetica, sono rimasti ampiamente disattesi: la curiosità è cosa succederà da questo decreto in poi. Inoltre è opinione personale del sottoscritto, lavorando sul campo da anni, che le competenze maggiormente richieste siano quelle in merito alla progettazione (termotecnica) degli impianti, laddove relativamente alla parte dell’edificio, non è utile tanto l’analisi strutturale, che eppure può tornare utile nell’individuazione dei ponti termici, quanto l’analisi termoigrometrica degli elementi dell’involucro edilizio, analisi che i progettisti termotecnici conoscono molto bene, in quanto propedeutica alla progettazione degli impianti.
    Il nuovo decreto offre tuttavia l’opportunità di “sanare” un’eventuale mancanza di competenza e apre la porta anche ad altre figure professionali. Tra queste, infatti, coloro che possono abilitarsi, sempre iscritti ai relativi ordini professionali, devono essere in possesso di un attestato di frequenza, con superamento dell’esame finale, relativo a specifici corsi di formazione per la certificazione energetica degli edifici. Il soggetto in possesso di tali requisiti è tecnico abilitato esclusivamente  in materia di certificazione energetica degli edifici se in possesso dei seguenti titoli:
    - tutti i titoli sopra esposti, ove non corredati dell’abilitazione professionale in tutti i campi concernente la progettazione di edifici e impianti asserviti agli impianti stessi, affermando, di fatto, che qualcuno tra quei titoli, sopra esposti, sicuramente non ha tutte le competenze richieste;
    - laurea magistrale di cui al d.m. 16 marzo 2007 in Fisica (LM-17), in Ingegneria Aerospaziale e Astronautica (LM-20), in Ingegneria Biomedica (LM-21), in Ingegneria deel’Automazione (LM-25), in Ingegneria delle Telecomunicazioni (LM-27), in Ingegneria Elettronica (LM-29), in Ingegneria Informatica (LM-32), in Ingegneria Navale (LM-34), in Matematica (LM-40), in Modellistica Matematico-Fisica per l’Ingegneria (LM-44), in Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale (LM-48), in Scienze Chimiche (LM-54), in Scienze della Natura (LM-60), in Scienze e Tecnologie Geologiche (LM-74) in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e il Territorio (LM-75) e in Scienze Geofisiche (LM-79) o laurea specialistica di cui al D.M. 04/08/2000 in Fisica (20/S), in Ingegneria Aerospaziale e Astronautica (25/S), in Ingegneria Biomedica (26/S), in Ingegneria dell’Automazione (29/S), in Ingegneria delle Telecomunicazioni (30/S), in Ingegneria Elettronica (32/S), in Ingegneria Informatica (35/S), in Ingegneria Navale (37/S), in Matematica (45/S), in Modellistica Matematico-Fisica per l’Ingegneria (50/S), in Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale (54/S), in Scienze Chimiche (62/S), in Scienze della Natura (68/S), in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e il Territorio (82/S), in Scienze Geofisiche (85/S) e in Scienze Geologiche (86/S);
    - laurea, cosidetta triennale, di cui al d.m. 16 marzo 2007 in Ingegneria dell’Informazione (L-8), in Scienze della Pianificazione Territoriale, Urbanistica, Paesaggistica e Ambientale (L-21), in Scienze e Tecnologie Chimiche (L-27), in Scienze e Tecnologie Fisiche (L-30), in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e la Natura (L-32), in Scienze Geologiche (L-34) e in Scienze Matematiche (L-35), o laurea, cosidetta “triennale”, di cui al D.M. 04/08/2000 in Urbanistica e Scienze della Pianificazione Territoriale e Ambientale (7), in Ingegneria dell’Informazione (9), in Scienze della Terra (16), in Scienze e Tecnologie Chimiche (21), in Scienze e Tecnologie Fisiche (25), in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e la Natura (27) e in Scienze Matematiche (32);
    - diploma di istruzione tecnica, settore tecnologico, con indirizzo diverso da quelli citati oppure diploma di perito industriale con indirizzo diverso da quelli citati.
    I tecnici abilitati (art.3), inoltre, dovranno assicurare imparzialità ed indipendenza attraverso una sottoscrizione contenuta nell’attestato di certificazione energetica nei quali si dichiara, ai sensi degli articoli 359 e 481 del codice penale, l’assenza di conflitto di interessi attraverso il non coinvolgimento con il processo di progettazione e realizzazione dell’edificio nonchè rispetto ai vantaggi che può trarne il richiedente (il committente), con il quale non può esserci parentela fino al quarto grado. Tale dichiarazione, tra l’altro, era già richiesta dal d.lgs. 115/2008, il nuovo decreto aggiunge l’elemento della parentela, che tuttavia era già sottointeso.
    Inoltre il decreto (art.4) afferma che l’attestato di certificazione energetica assume la validità di atto pubblico con responsabilità diretta da parte del tecnico abilitato che sottoscrive il documento.
    Corsi di formazione. Per quanto riguarda i corsi di formazione (comma 5, art.2) che gli aspiranti tecnici abilitati dovranno seguire per poter “sanare” l’eventuale mancanza di competenze e abilitarsi esclusivamente alla certificazione energetica degli edifici, questi dovranno essere tenuti da università, da organismi ed enti di ricerca, e da consigli, ordini e collegi professionali previa autorizzazione a livello nazionale del Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con quello dell’Ambiente e quello delle Infrastutture e dei Trasporti. A livello regionale potranno essere le stesse regioni o province autonome ad organizzare i corsi oppure autorizzare altri soggetti in ambito regionale. Tali corsi devono rispettare dei contenuti minimi che sono riportati in allegato al decreto, ma non ci sono sostanziali novità rispetto ad altri corsi sostenuti già in alcune regioni.
    Non è stato specificato se i tecnici abilitati nelle singole regioni a valle del superamento di un esame dovranno seguire ulteriori corsi per essere abilitati anche nelle altre regioni. Mentre sembrerebbe che i corsi riconosciuti a livello nazionale abbiano valenza universale sul territorio italiano. Nulla è citato, inoltre, riguardo ai tempi che passeranno da qui fino all’effettiva organizzazione dei corsi. Per questo sembra lecito ritenere che, finchè tali corsi non saranno istituiti, chi non avesse pienamente le competenze richieste rimarrà fuori dai giochi.
    Che funzioni avranno le regioni? Il decreto (secondo l’art.5) si applica nelle regioni e province autonome che non hanno ancora legiferato in materia di certificazione energetica, le altre dovranno favorire un graduale avvicinamento alla legislazione nazionale. Il loro compito potrà essere, al fine di favorire l’applicazione omogenea della normativa, di adottare un proprio sistema di riconoscimento dei tecnici abilitati, promuovere iniziative di informazione e orientamento dei tecnici abilitati e degli utenti finali, promuovere attività di formazione e aggiornamento dei tecnici abilitati, monitorare l’impatto del sistema certificazione energetica in termini burocratici, di oneri e benefici per i cittadini, predisporre un sistema di accertamento sulla qualità e correttezza dei servizi di certificazione sia direttamente che attraverso accordi con organismi esterni, promuovere la conclusione di accordi volontari al fine di assicurare prezzi equi per l’accesso ai servizi di certificazione energetica. In particolare, in riferimento alla qualità dei servizi di certificazione energetica resi dai soggetti certificatori nel decreto è dedicato un articolo intero (art.6), in cui si afferma che tali controlli saranno orientati prioritariamente alle classi energetiche più efficienti e comprendono l’accertamento documentale degli attestati, la valutazione di congruità e coerenza dei dati di progetto o di diagnosi e le ispezioni delle opere o dell’edificio.
    Infine il decreto stabilisce che, in caso di adeguamenti impiantistici(art.7), compresa la sostituzione del generatore di calore, l’aggiornamento dell’attestato di certificazione energetica potrà essere espletato anche da un tecnico abilitato dell’impresa costruttrice o installatrice, senza incorrere, quindi, in un conflitto di interessi.

    Ora il pallino passa alle regioni, che dovranno regolamentare le disposizioni nazionali: dai corsi di formazione, al sistema di riconoscimento dei tecnici abilitati e ai controlli sulla qualità del servizio. Ma il passaggio non è del tutto scontato.