La doppia lezione di Prodi per lo sviluppo del territorio
Due input per il territorio dalla visita di Romano Prodi per il premio Bonifacio VIII ed alla Grestone. Non ci sono più materie prime: il futuro è ricavarle da ciò che è stato già usato. Ma occorre fare sistema
«C’è poco da fare, l’Italia non ha più materie prime: qualsiasi cosa voglia fare deve importarle». E poi: «Quello che avete qui è uno splendido esempio: ma se davvero si vuole fare leva su un progetto simile per risollevare un territorio occorre avere intorno un sistema». Ogni frase di Romano Prodi è una lezione di Economia industriale, Politica economica. Ne ha dispensate tante sabato mattina durante la sua visita alla Grestone di Roccasecca e poi nel pomeriggio durante la cerimonia nella quale ha ritirato il premio Bonifacio VIII ad Anagni.
La lezione del Circular
La prima lezione è quella legata alle opportunità connesse all’economia circolare. È la risposta ad un dramma che sarà sempre più palpabile con il passare degli anni. Le materie prime sono finite: in Italia e buona parte del mondo. Abbiamo sfruttato la Terra fino quasi ad arrivare all’osso.
L’unico modo per andare avanti è ricavare materia prima dagli stessi materiali che abbiamo appena finito di usare. Una volta gettati inizia il loro nuovo ciclo: recuperarli, trasformarli in nuova materia prima. Dargli una seconda vita.
È il contrario di ciò che avviene nella Terra dei Fuochi: lì si interra tutto. Nella terra dell’economia circolare invece si ricicla tutto il possibile. È così che le polveri di marmo ricavate nelle cave e nelle segherie del distretto di Coreno Ausonio ora non finiscono più nelle discariche come avvenuto per decenni; miscelate assieme ad altre materie diventano componenti per l’edilizia realizzati nello stabilimento Weber.
Le plastiche ed i metalli raccolti con la differenziata vengono avviati al recupero. La carta torna cellulosa e poi di nuovo carta. Non è un caso che Saf, l’azienda pubblica costruita da tutti i Comuni della provincia di Frosinone per trattare le loro immondizie, abbia messo a punto un progetto di rinnovamento totale. Prevede di concentrarsi sull’indifferenziato e ricavare da lì tutta una serie di materie prime che fino ad oggi invece non era possibile riciclare.
Lo stesso stabilimento Grestone di Roccasecca prevede di recuperare e riutilizzare componenti che altrimenti finirebbero sotto terra e invece, opportunamente trattati, saranno in grado di evitare lo sfruttamento delle cave.
La linea di demarcazione
Va tracciata una linea di demarcazione. Non è più il tempo degli immondezzai come li abbiamo visti nel Lazio fino agli Anni 80: gigantesche buche nelle quali veniva sversato di tutto. Nel mondo i rifiuti che finiscono in discarica ormai sono prima trattati, ridotti ad essere quasi ‘inerti’: non consumano più ossigeno.
Ci sarà bisogno di discariche ancora a lungo. Per smaltire sempre meno quantità annue di rifiuti: perché ne recuperiamo sempre di più. Ciò che dobbiamo pretendere allora è un ciclo che sia virtuoso, come avviene in buona parte del Nord d’Europa dove l’aria che esce dai termovalorizzatori è più pulita di quella che entra.
La vera arma contro la Terra dei Fuochi è la Terra dell’Economia Circolare: a condizione di pretendere l’applicazione rigorosa delle norme. A meno che non ci freghino ancora una volta: lasciando a noi solo gli inerti da interrare e gli altri si prendano il business del metano per auto e per riscaldamento che ormai a costi bassi si può ottenere dalla fermentazione dei rifiuti di cucina. O gli affari legati al recupero dei metalli pregiati che sono dentro tv, computer d elettrodomestici in genere: valgono quanto le miniere che cinesi e francesi presidiano in Africa.
Il vero problema è che la politica del territorio non ha il coraggio di aprire l’agenda e scrivere il tema. Ne ha paura perché teme la reazione della gente. Alla quale fino ad oggi ha lasciato un pessimo esempio: gli interramenti selvaggi. Come via Le Lame a Frosinone. Senza provare nemmeno a spiegargli che nel resto del mondo, ma anche in Ciociaria, ci sono quelli fatti a regola d’arte.
La lezione del sistema
Gli va dato atto. Francesco De Angelis ci provò quindici anni fa. Da assessore regionale alle Attività produttive inventò i Distretti Industriali ed i Sistemi Industriali. È esattamente ciò al quale ha fatto cenno Romano Prodi l’altro giorno.
Cosa vuole dire? Facendo un esempio pratico. Grestone di Roccasecca potrà andare avanti una decina di anni. Oppure una quarantina almeno. Dipende se dovrà farsi carico di tutto da sola oppure se attorno ci saranno altre realtà con le quali condividere il peso della geniale intuizione che è stata la pietra – ceramica.
È il concetto del Sistema Industriale. In pratica: se intorno si sviluppa un insieme di altre attività collaterali, la spesa per realizzare il nuovo Casello Autostradale potrà essere divisa tra tutti, abbassando l’impegno a carico della sola Grestone che finora si è fatta avanti. Se si svilupperà un impianto complementare a Saf capace di estrarre il bio metano dagli scarti delle nostre cucine, la spesa per alimentare i forni delle altre aziende lì intorno scenderà di molto e consentirà di mettere sul mercato prodotti a prezzi ancora più competitivi; dimezzando la spesa che oggi da cittadini affrontiamo da quando Saf ha smesso di trattare i rifiuti organici e li manda fuori (siamo passati da 60 euro/ton a 130 euro/ton).
Se nascerà un insieme di realtà capaci di sviluppare i vari aspetti del mondo Green e Circular, le infrastrutture ed i servizi che nasceranno in zona saranno a disposizione di tutti e non sulle spalle di uno solo. È questo il Sistema cui Romano Prodi faceva riferimento.
Resta un punto chiave. La volontà della politica di aprire l’agenda.
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