A Roma
e provincia è nato un nuovo sport: quello di licenziare l’RSPP senza
rinominarne un altro per vivacchiare per qualche tempo, anche qualche anno, se
non ci saranno verifiche ispettive nell’attività d parte degli organi di
vigilanza che stando a quello che la norma stabilisce non è costituito più dal
personale ispettivo delle ASL del Servizio PRESAL, ma da tutti quelli che in
virtù di una divisa hanno in qualche modo o per qualche motivo accedono alle
attività lavorative pur non essendo provvisti della nomina di polizia giudiziaria
che è l’unica che permette l’accesso senza la necessaria autorizzazione da
parte degli organi inquirenti sempre che all’interno ci sia attività lavorativa
in corso.
Il DLgs 626/94 all’art. 8 comma 11 che “Il
datore di lavoro comunica all'ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie
locali territorialmente competenti il nominativo della persona designata come
responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno
all'azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si
attesti con riferimento alle persone designate: i compiti svolti in materia di
prevenzione e protezione; il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti; il
curriculum professionale.
Tale obbligo non sussistendo più nel DLgs 81 del 2008
consente a chi non ha voglia di spendere per attuare la prevenzione all’interno
della sua azienda ormai priva della figura dell’RSPP.
il datore di lavoro che omette di rinominarlo è sanzionato
con l’ammenda da 5.000 a
15.000 euro riconducibile ad un quarto a nomina effettuata. Nel frattempo ha
risparmiato un bel po’ di soldi per la mancata attuazione del programma di
risanamento e l’importo annuale da pagare all’incaricato che il più delle volte
viene presentato ancora in carico producendo un falso ideologico e una falsa
testimonianza che normalmente non vengono annotati dall’ispettore che sta
svolgendo l’ispezione come se la cosa fosse estranea al suo incarico
istituzionale.
Per quello che mi riguarda, per l’esperienza ispettiva che
ho vissuto senza una formazione iniziale adeguata ne da parte del Servizio al
quale ero assegnato, ne dalla Procura dalla quale dipendevo come Ufficiale di
polizia giudiziaria, ne dall’Ufficio di Prefettura che mi aveva conferito la
qualifica, non credo minimamente alla buona fede del datore di lavoro in genere
e degli ex colleghi in particolar modo approssimativi e superficiali in tutti i
momenti della loro attività o eccessivi come i castigamatti che senza capire
come portare aiuto menano perché i destinatari sanno il perché.
Non è certo un bel quadro pur non avendo negato una
contravvenzione a nessuno quando ricorrevano i termini per farlo, ma resto con il timore
che se non si ha chiaro il motivo del compito d’istituto da svolgere si finisce
col generare un desiderio di evasione dalle proprie responsabilità anche se
sono previste pesanti sanzioni e conflitti che guastano il rapporto tra istituzioni e utenza.
Poi con l’idea asfissiante della crisi economica che in
aree come Roma si moltiplica in maniera esponenziale come le poche gocce d’acqua
che l’allagano anche quando dopo due secondi le strade sono ritornate asciutte,
disattendere le norme diventa uno sport praticato da molti.
Si risparmia e quando arriva qualcuno anche con un bicchiere d’acqua
si riesce sistemare tutto vale la pena evadere, evadere, evadere senza far distinzione,
che è una perdita di tempo, fra corruzione e concussione, tanto in galera non
ci vai di certo.
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