Auto aziendale revocata per norme aziendali
sottoscritte dal lavoratore
Redazione 3 Maggio 2019 0 Comments
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La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 11538 del 2019, ha stabilito il seguente principio
di diritto: “Auto aziendale e revoca in base a norme regolamentari aziendali accettate
formalmente dal lavoratore, che affermava il fringe benefit parte della propria
retribuzione” (dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 3.5.2019).
Vediamo insieme i fatti di causa.
Con sentenza n. 1144/2014, depositata il 9.9.2014, la Corte di Appello di
Catanzaro ha confermato la decisione di primo grado, con la quale il Tribunale
di Cosenza aveva respinto la domanda proposta da … nei confronti di … S.p.A.,
volta ad ottenere la condanna della società alla riconsegna dell’auto
aziendale, che il ricorrente assumeva essergli stata concessa “ad uso
promiscuo”, quale fringe benefit di natura retributiva, coma
da comunicazione in data 21.11.2003, e di cui successivamente, con lettera del
30.11.2005, era stato privato.
La Corte di appello ha rilevato a sostegno della propria decisione che
l’assegnazione dell’auto era avvenuta secondo le modalità stabilite dal
Regolamento aziendale, secondo ciò che era dato desumere dalla comunicazione in
data 21.11.2003, sottoscritta dal lavoratore per accettazione, e che, pertanto,
alla stregua dell’art. 1 del predetto Regolamento, essa era da intendersi
disposto ad esclusivo interesse dell’azienda, così da poter essere revocata
dalla datrice di lavoro in qualsiasi momento e senza preavviso, senza diritto
per il dipendente ad alcun indennizzo o compenso sostitutivo e con addebito in
busta paga, al 30 giugno e al 31 dicembre di ogni anno, del costo relativo
all’uso personale dell’autoveicolo.
La Corte ha poi osservato che l’uso così regolamentato dell’autovettura
aziendale, in quanto rispondente all’interesse della datrice di lavoro e
oneroso per il dipendente, non era tale da integrare un compenso in natura che
potesse trovare la sua causa nel sinallagma contrattuale; né d’altra parte
poteva ritenersi che l’uso fosse stato concesso senza oneri per il dipendente
sulla base della circostanza che, a partire dal 2005, nelle buste paga non
risultava effettuata la trattenuta relativa all’autovettura, trattandosi di
dato da solo insufficiente a dimostrare, in maniera univoca e certa, la comune
volontà delle parti di mutare il titolo del godimento come originariamente
pattuito in conformità del citato regolamento aziendale.
Avverso tale sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il
lavoratore che veniva dichiarato inammissibile dalla Corte Suprema.
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