Nel groviglio di bonus
e aiuti seguiti all’emergenza Covid, molti professionisti sono tutt’ora in
attesa di ricevere il bonus di maggio da 1.000 euro, dopo gli
assegni da 600 euro incassati per le mensilità di marzo e aprile.
Sono numerose le
richieste giunte alle Casse previdenziali private per le indennità da 600 euro di marzo e aprile, che sono
state erogate dagli enti per conto dello Stato. Proprio in questi giorni, ha
sottolineato il presidente dell’Associazione degli enti previdenziali privati,
Alberto Oliveti, “le casse stanno ricevendo il rimborso delle quote erogate in
marzo, e di questo va dato atto al governo”.
Ma per il mese di
maggio nessuno sembra sapere nulla: a causare il ritardo è la mancanza del decreto interministeriale necessario
per definire requisiti e modalità di erogazione. “Speriamo si decida a breve”,
ha commentato Oliveti, “perché parlare ancora di maggio significa parlare del
passato”.
Come molti temevano,
stanno probabilmente venendo al pettine i nodi di una insufficiente
dote finanziaria non solo per coprire il passaggio da 600 a
1.000 euro del Dl Rilancio (qui lo speciale QuiFinanza), ma anche
per soddisfare l’intera platea degli aventi diritto. Per il bonus-aprile,
infatti, sono già stati spesi 300 milioni sui 650 disponibili: appare dunque
imossibile sussidiare la stessa platea aumentando da 600 a 1000 euro il valore
dell’assegno.
E allora ecco
l’attuale fase di stallo, che secondo molti osservatori potrebbe essere utile
al restringimento dei requisiti per l’accesso al bonus, col rischio di creare
peraltro una disparità oggettiva fra fra i professionisti iscritti alla
gestione separata Inps e quelli iscritti alle casse degli Ordini professionali.
Le opzioni del governo
Per ovviare al problema, il Governo potrebbe decidere di ricorrere al decreto interministeriale per aumentare i fondi, oppure potrebbe ridurre la platea di beneficiari, cosa che però, comprensibilmente, causerebbe molte critiche. Qualcosa di simile è accaduto con il bonus di aprile, inizialmente previsto a tutti coloro che avessero già beneficiato di quello di maggio, ma poi limitato ai professionisti iscritti alle casse di previdenza obbligatoria entro il 23 febbraio 2020 dal successivo decreto interministeriale.
Per ovviare al problema, il Governo potrebbe decidere di ricorrere al decreto interministeriale per aumentare i fondi, oppure potrebbe ridurre la platea di beneficiari, cosa che però, comprensibilmente, causerebbe molte critiche. Qualcosa di simile è accaduto con il bonus di aprile, inizialmente previsto a tutti coloro che avessero già beneficiato di quello di maggio, ma poi limitato ai professionisti iscritti alle casse di previdenza obbligatoria entro il 23 febbraio 2020 dal successivo decreto interministeriale.
Tale ulteriore
requisito ha di fatto escluso parecchi lavoratori dal bonus di aprile, anche perché l’iscrizione
a un ordine professionale comporta un iter complicato e può avere tempi lunghi,
che la pandemia di Covid-19 ha ulteriormente dilatato per molti giovani
professionisti.
Altra categoria di
“esclusi” è quella dei professionisti iscritti sia alla cassa di previdenza
privata, sia alla gestione separata dell’Inps. Il Decreto Liquidità ha infatti
aggiornato le regole già previste dal Cura Italia, aggiungendo il requisito
dell’esclusività di iscrizione alla cassa di previdenza privata. Un requisito
poi abrogato, ma quanto è accaduto ha impedito a diversi lavoratori autonomi
professionisti di ottenere il bonus di marzo.
I requisiti per
l’accesso al bonus, finora, sono stati i seguenti:
- Reddito professionale non
superiore ai 35mila euro nel 2018; oppure
- Reddito professionale compreso
fra i 35mila e i 50mila euro nel 2018 con riduzione dei compensi del 33%
nel periodo di riferimento del bonus
- Non essere titolari di
pensione, di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
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