IL TRATTAMENTO FISCALE E PREVIDENZIALE
Ultimo aggiornamento: 3 gennaio 2014
Tramite i messaggi 19 settembre 2013, n. 14802, intitolato “compensi per
l’utilizzo e lo sfruttamento economico del diritto di autore e del diritto di
immagine. Assoggettamento a contribuzione obbligatoria“, e 28 novembre
2013, n. 19435, sempre intitolato “Compensi per l’utilizzo e lo sfruttamento
economico del diritto di autore e del diritto di immagine. Assoggettamento a
contribuzione obbligatoria” l’INPS ha fornito un chiarimento in ordine
al trattamento contributivo di somme percepite a titolo di compenso per lo
sfruttamento economico di opere dell’ingegno tutelate dal diritto di autore, e
del diritto di immagine.
Nel primo messaggio
l’INPS fornisce una serie di soluzioni interpretative utili, anche tramite
apposite schede sinottiche che riepilogano il trattamento fiscale e
contributivo dei compensi. Nel secondo messaggio INPS smentisce alcune
affermazioni rese nel primo messaggio.
Per una più diffusa
trattazione in ordine all’inquadramento normativo generale, si rinvia alla
circolare ENPALS n. 1 del 15 gennaio 2004 (reperibile sul sito dell’Istituto,
alla sezione ex ENPALS).
Sul piano tributario, il compenso per lo sfruttamento economico del
diritto di autore, è assoggettato a diversa imposizione a seconda che risulti
percepito:
1. dall’autore;
2. da aventi causa a
titolo gratuito (es. eredi o legatari dell’autore);
3. da soggetti che
abbiano acquisito a titolo oneroso l’utilizzazione economica del diritto
medesimo.
Nel primo caso, la percezione, da parte dell’autore, del compenso per l’utilizzazione
economica di opere tutelate configura, salvo che si tratti di proventi conseguiti
nell’esercizio di impresa commerciale ovvero assimilabili ai redditi di lavoro
dipendente, l’esercizio abituale di arti o professioni e comporta il
trattamento del compenso medesimo alla stregua di reddito di lavoro autonomo.
Per la determinazione del reddito imponibile, all’importo del compenso si
applica una deduzione forfettaria delle spese di produzione pari al 25% (per
contribuenti con età superiore a 35 anni) ovvero al 40% (per contribuenti con
età pari o inferiore a 35 anni) della misura del compenso medesimo (cfr. art.
54, co. 8, primo periodo, TUIR). Nell’ambito del modello Unico PF, le
informazioni sono riportate nel quadro RL (altri redditi), sez. III (altri
redditi di lavoro autonomo): in particolare, nel rigo RL25, si rileva l’importo
lordo del compenso e, nel rigo RL29, l’importo della deduzione forfettaria per
spese.
Nel secondo caso, il compenso per l’utilizzazione economica del diritto di autore rientra
nella categoria dei redditi diversi e costituisce reddito imponibile per
l’intero importo. Nell’ambito del modello Unico PF, le informazioni sono
riportate nel quadro RL (altri redditi), sez. II-A (redditi diversi): nel rigo
RL13 si rileva l’importo del compenso.
Anche nel terzo caso,
il compenso per l’utilizzazione economica del diritto di autore rientra nella
categoria dei redditi diversi, ma all’importo lordo del compenso si applica una
deduzione forfettaria delle spese di produzione in misura pari al 25% del suo
importo (art. 71, TUIR). Nell’ambito del modello Unico PF, le informazioni sono
riportate nel quadro RL (altri redditi), sez. II-A (redditi diversi): nel rigo
RL13 si rileva l’importo del compenso al netto della deduzione forfettaria
spettante.
Sotto il profilo previdenziale, INPS dichiara che il reddito per lo
sfruttamento economico del diritto di autore risulta soggetto a imposizione
esclusivamente laddove derivi – fatti salvi i rari casi in cui è assimilato al
reddito di lavoro dipendente e, pertanto, soggetto a tassazione da parte del
datore di lavoro – dall’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di arti e
professioni, vale dire la fattispecie sopra inquadrata alla lettera a).
Ai fini dello
svolgimento delle attività di accertamento di eventuali irregolarità
contributive desumibili dall’incrocio delle informazioni fiscali e
previdenziali, di norma, il soggetto titolare dei redditi in questione può
rientrare in una delle seguenti fattispecie:
1. si tratta di un libero
professionista iscritto ad una delle forme previdenziali previste dal
D.Lgs. n. 509/1994 e dal D.Lgs. n. 103/1996 (Casse dei professionisti);
2. è un artista
iscritto al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo ex ENPALS (di
seguito, per brevità, “Fpls”);
3. si tratta di un lavoratore
autonomo non iscritto ad una delle Casse dei professionisti e non rientrante
nelle categorie degli artisti iscritti alla gestione di cui al punto 2.
Nel primo caso, l’obbligo contributivo sussiste nei limiti e sulla
base delle regolamentazioni adottate dalle singole Casse.
Nel secondo caso, l’obbligo contributivo (e informativo), in deroga ai
principi generali che regolano l’assicurazione obbligatoria dei lavoratori
autonomi, sussiste in capo al datore di lavoro, con diritto di rivalsa nei
limiti della contribuzione posta a carico del lavoratore (aliquota vigente
9,19% incrementata al 10,19% per la parte di compenso che supera la misura
prevista dall’art. 3-ter del D.L. n. 384/1992 convertito dalla L. n. 438/1992).
Inoltre, si richiama l’attenzione sulla circostanza che, in base alle regole che
regolano l’assicurazione IVS del Fpls, sono da assoggettare a contribuzione
previdenziale tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo maturati
nel periodo di riferimento in relazione al rapporto di lavoro (principio di
competenza). Fanno eccezione al criterio della competenza unicamente le
gratificazioni annuali e periodiche, i conguagli di retribuzione spettanti a
seguito di norma di legge o di contratto aventi effetto retroattivo e i premi
di produzione, che sono assoggettati a contribuzione nel mese di corresponsione
(principio di cassa), vale a dire istituti retributivi tipici del lavoro
subordinato e che, solo in particolari assetti, possono essere legittimamente
concepiti nell’ambito di rapporti di lavoro autonomo. E’ questo, ad esempio, il
caso delle cd. royalties, vale a dire quelle forme di remunerazione la cui
misura (e sovente la stessa insorgenza) è legata al risultato commerciale della
diffusione dell’opera (es. numero di supporti audiovisivi venduti).
Sulla base dell’art.
43, co. 3, della legge 289/2002, i compensi percepiti dall’autore, per
l’utilizzazione economica del diritto di autore rimangono esclusi dalla base
contributiva e pensionabile fino al limite del 40% dell’importo complessivo dei
compensi percepiti dal lavoratore per la medesima attività lavorativa, da
intendersi comprensivo della remunerazione per la prestazione lavorativa
effettuata e del corrispettivo connesso alla cessione dello sfruttamento
economico dei citati diritti (cfr. circ. ENPALS n. 1/2004).
Sotto il profilo
operativo, al fine di definire il trattamento contributivo del compenso per la
cessione del diritto di autore rilevato dalla dichiarazione dei redditi, è
necessario:
– accertare che l’erogazione del compenso si collochi nell’ambito di un
rapporto di lavoro, ancorché di natura autonoma, ovvero sia comunque ad esso
riconducibile. Al riguardo, sovente, l’erogazione del compenso per la cessione
dello sfruttamento economico del diritto di autore viene effettuata,
generalmente sulla base di circostanziate clausole contrattuali, in epoca
successiva (talora in periodi di imposta successivi) rispetto allo svolgimento
della prestazione lavorativa;
– inquadrare tutti i compensi erogati dal medesimo datore di lavoro nel corso
del tempo, anche avvalendosi delle dichiarazioni contributive;
– sommare l’importo totale dei compensi percepiti per la prestazione lavorativa
e per la cessione dello sfruttamento del diritto di autore;
– calcolare la contribuzione esentando dall’assoggettamento a contribuzione
l’importo del compenso per la cessione dello sfruttamento economico del diritto
di autore entro la misura del 40% dell’importo dei compensi complessivamente
percepiti in relazione a quello specifico rapporto di lavoro.
Le categorie
artistiche titolari del diritto di autore iscritte al Fpls sono individuate,
sulla base della l.d.a., nelle seguenti:
– sceneggiatore teatrale, cinematografico o di audiovisivi (cod. 043);
– regista teatrale, cinematografico o di audiovisivi (cod. 041);
– dialoghista adattatore cinetelevisivo o di audiovisivi (cod. 044);
– soggettista (cod. 046);
– compositore/arrangiatore (cod. 075);
– coreografo (cod. 091);
– architetto (cod. 131);
– costumista(cod. 132);
– scenografo (cod. 133);
– bozzettista (cod. 134);
– creatore di fumetti, illustrazioni e disegni (cod. 136).
Pertanto, eventuali
compensi per lo sfruttamento del diritto di autore a favore di qualifiche
professionali diverse da quelle sopra indicate non godono del beneficio di
esenzione contributiva introdotto dalla richiamata L. 289/2002.
Nel terzo caso (lavoratore autonomo non iscritto al Fpls né
iscritto ad una Cassa professionale), trattandosi di redditi qualificati alla
stregua di redditi di lavoro autonomo (quadro RL, sez. III, Unico PF), l’INPS
ha prima ipotizzato l’iscrizione alla Gestione separata e il conseguente
assoggettamento a contribuzione obbligatoria, per poi fare un passo indietro in
quanto la norma istitutiva della predetta Gestione separata contempla, tra
i soggetti obbligati al versamento, oltre a coloro che producono reddito da
lavoro autonomo (ex art. 49, comma 1, oggi art. 53, comma 1 del TUIR), anche
coloro che producono i redditi di cui all’art. 49, comma 2, lett. a) – oggi
art. 50, comma 1, lett. c)-bis – del TUIR, mentre il reddito sul diritto
d’autore è regolato dalla lettera b) dell’art. 53, comma 2 del TUIR.
Pertanto, il compenso percepito per lo sfruttamento economico del diritto
di autore da parte lavoratore autonomo non iscritto al Fpls né ad una Cassa
Professionale è escluso da qualsiasi obbligo contributivo, anche
nei confronti della Gestione separata ex art. 2, comma 26, L. n. 335/1995.
Compensi relativi allo sfruttamento economico del diritto di immagine.
Trattamento fiscale e contributivo
Il diritto di immagine
è il diritto che il codice civile e la Lda riconoscono alla persone affinché la
propria immagine non venga diffusa o pubblicata senza l’autorizzazione della
persona medesima.
Con il già citato art.
43, co. 3, della legge 289/2002, il carattere patrimoniale dei diritto di
immagine, già ammesso dalla dottrina e dalla giurisprudenza, viene riconosciuto
a livello normativo: “…i compensi corrisposti alla categorie di cui
all’articolo 3, primo comma, numeri da 1 a 14, del D.Lgs. C.P.S. 16 luglio
1947, n. 708, e successive modificazioni, a titolo della cessione dello
sfruttamento economico del diritto…di immagine…, non possono eccedere il 40 per
cento dell’importo complessivo percepito per prestazioni riconducibili alla
medesima attività. Tale quota rimane esclusa dalla base contributiva e
pensionabile…”.
Sul piano tributario, il compenso per l’utilizzazione del diritto di
immagine rientra nei redditi di lavoro autonomo derivanti dalla “cessione…
di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o
professionale” (art. 54, co. 1-quater, TUIR) ovvero nei redditi diversi
rivenienti “dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere”
(art. 67, co. 1, lett. l)). Il trattamento fiscale si differenzia a seconda che
i proventi per l’utilizzazione del diritto siano percepiti da:
– il titolare originario
del diritto nell’esercizio della sua attività professionale;
– il titolare
originario del diritto al di fuori dell’esercizio della sua attività
professionale nonché un soggetto diverso dal titolare originario del diritto
avente causa al suo sfruttamento economico a titolo gratuito ovvero oneroso.
Nel primo caso il
compenso rientra, per effetto dell’art. 54, co. 1-quater, del TUIR, fra i
redditi di lavoro autonomo ed è assoggettato ad imposizione, nel periodo di
imposta di percezione, per l’intero ammontare.
Nell’ambito del
modello Unico PF, ove il compenso per lo sfruttamento del diritto di immagine
sia riscosso interamente nel periodo di imposta al quale si riferisce la
dichiarazione dei redditi, il contribuente può scegliere di assoggettare detto
compenso a tassazione separata ai sensi dell’art.17, co.1, lett. g-ter), TUIR.
In tal caso, al quadro RM (redditi soggetti a tassazione separata…), ai righi
da RM3 a RM7, sono rilevabili le informazioni afferenti il compenso e, in
particolare:
– colonna 1: codice “h”, che contraddistingue i redditi derivanti
dall’assunzione di obblighi fare, non fare o permettere;
– colonna 2: anno di insorgenza del diritto alla percezione dei compensi;
– colonna 3: importo lordo del compenso;
– colonna 4: ritenute di imposta già operate nel corso del periodo di imposta;
– colonna 5: casella da barrare nel caso di opzione per la tassazione ordinaria
in luogo di quella separata.
Laddove, invece, il
contribuente opti per la tassazione ordinaria, l’importo del compenso è riportato
nel quadro RE (redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e
professioni), al rigo RE3.
Nel secondo caso, vale
a dire quando il reddito da utilizzazione del diritto di immagine è percepito
dal titolare originario del diritto al di fuori dell’esercizio della sua
attività professionale ovvero da soggetto diverso dal titolare originario del
diritto avente causa al suo sfruttamento economico a titolo gratuito ovvero
oneroso, ferma la tassazione dell’intero importo nel periodo di imposta in cui
risulta percepito, il reddito è indicato nel quadro RL (altri redditi), sez.
II-A (redditi diversi), al rigo RL16 che riporta specificamente i redditi
derivanti dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.
Sotto il profilo previdenziale delle somme eventualmente
accertate a seguito dell’incrocio dei dati fiscali ed assicurativi ascrivibili
ai compensi per la cessione dello sfruttamento del diritto di immagine, sul
piano operativo, in linea di massima, possiamo riscontrare una delle seguenti
fattispecie:
– si tratta di un libero professionista iscritto ad una delle Casse
professionali;
– è un artista iscritto al Fpls;
– si tratta di un lavoratore autonomo non rientrante nel novero degli artisti
di cui al punto precedente e non iscritto ad una Cassa professionale.
Nel primo caso,
l’obbligo contributivo sussiste nei limiti e sulla base delle regolamentazioni
adottate dalle singole Casse. Peraltro, si rileva come detta fattispecie appare
non verosimile nella realtà, dal momento che lo sfruttamento economico del
diritto di immagine è necessariamente connesso alla notorietà del titolare
originario del diritto medesimo (al riguardo, v. oltre), situazione che, in
linea generale, risulta difficile riscontrare con riguardo a soggetti iscritti
alle Casse professionali.
Nel secondo caso,
valgono interamente le considerazioni già svolte, sul piano normativo e sotto
il profilo operativo, con riguardo agli artisti titolari del diritto di autore,
alle quali si rinvia, con l’avvertenza che le categorie artistiche titolari del
diritto di immagine sono più ampie di quelle titolari del diritto di autore,
essendo, in linea di massima, coincidenti con tutte quelle indicate dalla legge
(art. 3, co. 1, numeri da 1 a 14, D.Lgs. C.P.S. 708/1947).
Nel merito, appare
opportuno richiamare l’attenzione sulla circostanza che, la limitazione alla
configurazione del compenso alla stregua di reddito per lo sfruttamento del
diritto di immagine risieda, come confermato dal Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali, (NOTA 4) “nell’effettivo e riconosciuto valore, sul mercato,
della persona, in relazione alla sua notorietà”. In sostanza, la cessione a
titolo economico dello sfruttamento del diritto di immagine trova la sua
ragione giuridica laddove riconducibile a persona di oggettiva notorietà,
trattandosi diversamente di abusivo utilizzo dei benefici contributivi previsti
dalla norma.
Si richiama, inoltre,
l’attenzione sulla circostanza che, ai fini della configurabilità dell’obbligo
contributivo, non risulta necessario che l’erogazione dei compensi (per
prestazione lavorativa e per cessione dello sfruttamento economico del diritto
di immagine) sia effettuata dal medesimo soggetto, essendo sufficiente
l’accertamento che il compenso per il diritto di immagine sia riconducibile all’attività
lavorativa. E’ questo il caso – che si registra sovente con riguardo alla
prestazioni rese da testimonial nell’ambito di spot pubblicitari – in cui
l’attore è remunerato, dalla società che produce lo spot, per la prestazione
lavorativa, e dalla impresa che produce/commercializza il prodotto
pubblicizzato, per la cessione dello sfruttamento economico del diritto di
immagine. In tal caso, ferma l’imposizione delle somme a remunerazione del
prestazione, il soggetto che eroga il compenso per lo sfruttamento del diritto
di immagine si farà carico dell’onere contributivo, applicando la franchigia
nei limiti del 40% delle somme complessivamente erogate, avendo cura di
acquisire, dalla società produttrice dello spot, le informazioni necessarie ai
fini del corretto calcolo della contribuzione dovuta e dell’assolvimento degli
obblighi informativi (dichiarazione contributiva). Al riguardo, si richiama la
sentenza della Cassazione n. 9630/2004.
Si segnala, peraltro,
che, anche alla luce degli sviluppi recentemente registrati in materia di nuove
forme contrattuali volte a regolare l’assetto dei compensi di artisti di
indubbia notorietà, possono ricontrarsi situazioni in cui l’accertamento della
riconduzione dei compensi per il diritto di immagine alla specifica prestazione
lavorativa è reso oggettivamente complesso dalla circostanza che i predetti
compensi vengono percepiti, dall’artista, a titolo diverso. E’ questo il caso
in cui l’artista costituisca (talora con una partecipazione minoritaria di
altri soggetti) una società che si occupa dello sfruttamento economico della
propria immagine ed alla quale cede, a titolo gratuito, i relativi diritti. In
particolare, detta società acquisisce a titolo di ricavi le somme afferenti
alla cessione dei diritti immagine relativi alle singole prestazioni lavorative
dell’artista e, una volta conseguito il reddito di impresa, corrisponde a
quest’ultimo somme immediatamente qualificate come utili di impresa. In questa
prospettiva, l’accertamento degli obblighi contributivi in capo alla predetta
società, da effettuarsi generalmente avvalendosi dello strumento ispettivo,
presuppone la sussistenza degli elementi idonei a dimostrare il fine elusivo
sotteso alla strutturazione di siffatto assetto societario e contrattuale.
Nel terzo caso (lavoratore autonomo non rientrante nel novero degli artisti
di cui al caso precedente e non iscritto ad una Cassa professionale), il
compenso percepito per lo sfruttamento economico del diritto di autore è
escluso da qualsiasi obbligo contributivo, anche nei confronti della
Gestione separata ex art. 2, comma 26, L. n. 335/1995.
La posizione INPS è stata fortemente criticata sul Sole 24 Ore dal dott. Giovanni Scoz, esperto della
materia, il quale sottolinea come “appare evidente che esistono migliaia di
regole, promulgate da vari istituti, ognuno per sé, che ogni anno
vengono riviste e modificate senza armonizzarsi tra loro, con una visione
molto miope e concentrata solo su un problema specifico. Così facendo, si
è creato un indistricabile groviglio di norme tale da rendere molto
difficile, se non impossibile, operare in maniera consapevole. Sarebbe
anche utile, per lavorare nel pieno rispetto della normativa, che i messaggi
e le circolari emanate dai vari Enti siano chiarificatrici di un problema e
non aggiungano ulteriori incertezze procedurali“.
Riferimenti bibliografici:
Giovanni Scoz, Diritto d’immagine: chiarimenti Inps sul regime
fiscale e contributivo, Il Sole 24 Ore Guida al Lavoro n. 2 del 2014
Giovanni Scoz, Diritto d’autore: chiarimenti Inps sul regime
fiscale e contributivo, Il Sole 24 Ore, Guida al Lavoro n. 39 del 2013