Documento di Ing. Luigi Carlo Chiarenza
Microclima
Il confort e il discomfort, il calcolo degli indici PMV e PPD, il benessere termico, le norme tecniche, gli ambienti moderati e gli ambienti severi.
Il microclima di un ambiente di lavoro, cioè quel complesso di parametri fisici (temperatura dell’aria, temperatura media radiante, velocità dell’aria, umidità relativa) che insieme a parametri quali attività metabolica ed abbigliamento caratterizzano gli scambi termici tra ambiente e lavoratori, è un elemento molto importante di ogni valutazione dei rischi. Infatti l’ambiente termo-igrometrico in cui opera un lavoratore non solo può comprometterne la sicurezza e salute, ma può essere non adeguato alla attività e creare vere e proprie sensazioni di disagio (discomfort).
All’interno dei rischi di tipo fisico, oggetto della valutazione dei rischi aziendali così come descritti nell’art 180 (Titolo VIII, Capo I) del D.Lgs 81/08, rientra anche il discorso legato al microclima. Spesso, soprattutto in passato ed almeno fino all’avvento della normativa 626/94, le situazioni di disagio all’interno dei luoghi di lavoro legate alle condizioni microclimatiche (livelli di temperatura, umidità, correnti e sbalzi d’aria), sono state sottovalutate se non addirittura ignorate; in realtà i disagi derivanti possono avere un impatto anche significativo sia sulla salute fisica che sul benessere psicologico dei lavoratori, con ricadute non trascurabili sull’economia aziendale se poi si riflettono, come può accadere, in giorni di assenza o di malattia.
Una componente importante da considerare in fase di valutazione dei rischi da inadeguato microclima, è poi quella dell’affollamento del luogo di lavoro; per esempio ambienti in cui lavorano tante persone contemporaneamente (come call center o grandi open space aziendali) espongono a rischi diretti di natura microclimatica (adeguati ricambi d’aria) che a rischi indiretti di natura più soggettiva e psicologica (stress da affollamento, sensazione di mancanza d’aria, rischio biologico da trasmissione interpersonale, rischio da rumore).
L’organismo umano può essere paragonato ad una macchina termica alimentata da combustibili sotto forma di alimenti che vengono trasformati parte in lavoro(10-20 %) parte in calore (80-90%). Ne consegue che l’individuo per essere in grado di mantenere costante la sua temperatura interna, deve essere di dissipare il calore metabolico prodotto in eccesso nell’ambiente. Quindi per mantenere la condizione di equilibrio stabile è necessario che il Bilancio Termico sia nullo, cioè la quantità di calore prodotta e assunta dall’organismo deve essere uguale a quella dissipata
Ricordiamo che un ambiente si trova in condizioni termicamente confortevoli "quando una elevata percentuale di persone poste all’interno dello stesso, soggette ad analoghe condizioni di vestiario ed attività fisica, non è in grado di dire se preferirebbe una temperatura più alta o più bassa".
A questo proposito si elencano le condizioni di benessere in periodi invernali (con riscaldamento) e con riferimento ad attività leggere, fondamentalmente sedentarie.
Ne riprendiamo brevemente alcune:
- la “temperatura operativa deve essere compresa tra 20 °C e 24 °C”;
- “la differenza verticale di temperatura dell’aria tra 1,1 m e 0,1 m dal pavimento (livello testa e caviglia) deve essere minore di 3 °C;
- la temperatura superficiale del pavimento normalmente deve essere compresa tra 19 °C e 26 °C, ma si possono progettare sistemi di riscaldamento a pavimento a 29 °C”;
- “l’asimmetria della temperatura radiante dovuta a finestre o ad altre superfici fredde verticali deve essere minore di 10 °C (rispetto ad un piccolo elemento piano verticale posto a 0,6 m dal pavimento);
- l’asimmetria della temperatura radiante dovuta ad un soffitto caldo (riscaldato) deve essere minore di 5 °C (rispetto ad un piccolo elemento piano orizzontale posto a 0,6 m dal pavimento);
- l’umidità relativa deve essere compresa tra il 30% e il 70%”.
E riguardo alle condizioni di benessere estive, con riferimento alle stesse attività:
- la “temperatura operativa deve essere compresa tra 23 °C e 26 °C”;
- “la differenza verticale di temperatura dell’aria tra 1,1 m e 0,1 m dal pavimento (livello testa e caviglia) deve essere minore di 3 °C”;
- “l’umidità relativa deve essere compresa tra il 30% e il 70%”.
In entrambi i casi è necessario anche tener conto della velocità media dell’aria (secondo quanto riportato nelle tabelle nel documento).
Il documento da scaricare è stato presentato nell'ambito del progetto formativo, rivolto specificatamente alle professioni deputate alla sicurezza nelle strutture sanitarie, nasce dalla collaborazione tra l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e l’Università degli Studi Roma Tre, coinvolgendo tra i propri partner Enti ed Istituzioni di prestigio quali: Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma, Università Cattolica del Sacro Cuore, Luiss Business School.
Il microclima di un ambiente di lavoro, cioè quel complesso di parametri fisici (temperatura dell’aria, temperatura media radiante, velocità dell’aria, umidità relativa) che insieme a parametri quali attività metabolica ed abbigliamento caratterizzano gli scambi termici tra ambiente e lavoratori, è un elemento molto importante di ogni valutazione dei rischi. Infatti l’ambiente termo-igrometrico in cui opera un lavoratore non solo può comprometterne la sicurezza e salute, ma può essere non adeguato alla attività e creare vere e proprie sensazioni di disagio (discomfort).
All’interno dei rischi di tipo fisico, oggetto della valutazione dei rischi aziendali così come descritti nell’art 180 (Titolo VIII, Capo I) del D.Lgs 81/08, rientra anche il discorso legato al microclima. Spesso, soprattutto in passato ed almeno fino all’avvento della normativa 626/94, le situazioni di disagio all’interno dei luoghi di lavoro legate alle condizioni microclimatiche (livelli di temperatura, umidità, correnti e sbalzi d’aria), sono state sottovalutate se non addirittura ignorate; in realtà i disagi derivanti possono avere un impatto anche significativo sia sulla salute fisica che sul benessere psicologico dei lavoratori, con ricadute non trascurabili sull’economia aziendale se poi si riflettono, come può accadere, in giorni di assenza o di malattia.
Una componente importante da considerare in fase di valutazione dei rischi da inadeguato microclima, è poi quella dell’affollamento del luogo di lavoro; per esempio ambienti in cui lavorano tante persone contemporaneamente (come call center o grandi open space aziendali) espongono a rischi diretti di natura microclimatica (adeguati ricambi d’aria) che a rischi indiretti di natura più soggettiva e psicologica (stress da affollamento, sensazione di mancanza d’aria, rischio biologico da trasmissione interpersonale, rischio da rumore).
L’organismo umano può essere paragonato ad una macchina termica alimentata da combustibili sotto forma di alimenti che vengono trasformati parte in lavoro(10-20 %) parte in calore (80-90%). Ne consegue che l’individuo per essere in grado di mantenere costante la sua temperatura interna, deve essere di dissipare il calore metabolico prodotto in eccesso nell’ambiente. Quindi per mantenere la condizione di equilibrio stabile è necessario che il Bilancio Termico sia nullo, cioè la quantità di calore prodotta e assunta dall’organismo deve essere uguale a quella dissipata
Ricordiamo che un ambiente si trova in condizioni termicamente confortevoli "quando una elevata percentuale di persone poste all’interno dello stesso, soggette ad analoghe condizioni di vestiario ed attività fisica, non è in grado di dire se preferirebbe una temperatura più alta o più bassa".
A questo proposito si elencano le condizioni di benessere in periodi invernali (con riscaldamento) e con riferimento ad attività leggere, fondamentalmente sedentarie.
Ne riprendiamo brevemente alcune:
- la “temperatura operativa deve essere compresa tra 20 °C e 24 °C”;
- “la differenza verticale di temperatura dell’aria tra 1,1 m e 0,1 m dal pavimento (livello testa e caviglia) deve essere minore di 3 °C;
- la temperatura superficiale del pavimento normalmente deve essere compresa tra 19 °C e 26 °C, ma si possono progettare sistemi di riscaldamento a pavimento a 29 °C”;
- “l’asimmetria della temperatura radiante dovuta a finestre o ad altre superfici fredde verticali deve essere minore di 10 °C (rispetto ad un piccolo elemento piano verticale posto a 0,6 m dal pavimento);
- l’asimmetria della temperatura radiante dovuta ad un soffitto caldo (riscaldato) deve essere minore di 5 °C (rispetto ad un piccolo elemento piano orizzontale posto a 0,6 m dal pavimento);
- l’umidità relativa deve essere compresa tra il 30% e il 70%”.
E riguardo alle condizioni di benessere estive, con riferimento alle stesse attività:
- la “temperatura operativa deve essere compresa tra 23 °C e 26 °C”;
- “la differenza verticale di temperatura dell’aria tra 1,1 m e 0,1 m dal pavimento (livello testa e caviglia) deve essere minore di 3 °C”;
- “l’umidità relativa deve essere compresa tra il 30% e il 70%”.
In entrambi i casi è necessario anche tener conto della velocità media dell’aria (secondo quanto riportato nelle tabelle nel documento).
Il documento da scaricare è stato presentato nell'ambito del progetto formativo, rivolto specificatamente alle professioni deputate alla sicurezza nelle strutture sanitarie, nasce dalla collaborazione tra l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e l’Università degli Studi Roma Tre, coinvolgendo tra i propri partner Enti ed Istituzioni di prestigio quali: Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma, Università Cattolica del Sacro Cuore, Luiss Business School.
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