Impugnativa di licenziamento, l’interpretazione della cassazione
Redazione 5 giugno 2018 0 Comments
La Corte Suprema di
Cassazione, con la ordinanza n. 14212 del 2018, ha reso il seguente principio di
diritto in tema di impugnativa di licenziamento: “L’art. 6 della legge n. 604
del 1966 deve essere interpretato nel senso che l’ impugnativa di cui al comma
1 è soddisfatta con l’esercizio, nel termine di giorni 60, dell’azione ex
articolo 28 della legge n. 300 del 1970 avverso il licenziamento del
dipendente”. (Dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 5.6.2018).
A norma dell’art. 6
della legge n. 604/1966, l’ impugnativa di licenziamento deve essere
effettuata, a pena di decadenza, “entro sessanta giorni dalla ricezione della
sua comunicazione in forma scritta ovvero dalla comunicazione, anch’essa in
forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto,
anche extragiudiziale idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche
attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento
scritto”.
In pratica, ad avviso
della Corte Suprema, la possibilità di impugnare il licenziamento attraverso
l’organizzazione sindacale (qualunque associazione e non solo quella cui il
lavoratore abbia in precedenza aderito) non ha altro significato che quello
di conferire a tale associazione sindacale il potere di rappresentare
ex lege il lavoratore, equiparando l’impugnazione effettuata
dall’organizzazione sindacale, indipendentemente da un mandato o da una
ratifica successiva, a quella compiuta direttamente dall’interessato.
Ma vediamo insieme i
fatti di causa di cui alla ordinanza 14212/2018.
Il Tribunale di
Civitavecchia, con sentenza n. 36 del 2015, dichiarava inammissibile la domanda
di impugnativa del licenziamento intimato a … dalla … spa, in accoglimento
della preliminare eccezione di decadenza ex art. 6 legge n. 604 del 1966;
la Corte di Appello
di Roma, investita con gravame di … con sentenza n. 2707 del 2016, rigettava
l’appello;
per quanto qui
rileva, la Corte distrettuale giudicava tardiva l’impugnativa del recesso,
perché proposta unicamente con il ricorso introduttivo di primo grado, ben
oltre il termine di cui all’art. 6 della legge n. 604 del 1966 (60 giorni dalla
sua comunicazione);
osservava, in
particolare, che nessun rilievo aveva avuto, a detti fini, l’azione proposta
dal sindacato, in relazione al medesimo atto di recesso, ai sensi dell’art. 28
della legge n. 300 del 1970, in quanto autonoma e posta a tutela di interessi
diversi; né il lavoratore aveva spiegato intervento adesivo nel processo
attivato dall’organo collettivo o conferito al sindacato una procura speciale
per la tutela anche dell’interesse individuale;
Avverso tale
decisione proponeva ricorso per cassazione il lavoratore articolato su sette
motivi, che veniva accolto dalla Corte Suprema con il principio di diritto
sopra enunciato.
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