Decreto dignità e contrasto al precariato, come cambierà il contratto a
termine
Redazione 3
luglio 2018 0 Comments
Vi abbiamo già
informato sulla conferenza stampa che si è tenuta oggi per la presentazione da
parte del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il
Ministro del lavoro Di Maio e il sottosegretario Giorgetti del decreto dignità,
cioè il decreto legge recante DISPOSIZIONI URGENTI PER LA
DIGNITA’ DEI LAVORATORI E DELLE IMPRESE.
Tra le norme
contenute nel decreto dignità vi sono quelle relative al contrasto al
precariato ed in particolare sull’utilizzo del contratto a termine e sui
lavoratori in somministrazione.
Per conoscere nel
dettaglio le misure che saranno adottate riportiamo di seguito quanto chiarito
sul punto dalla relazione illustrativa di accompagnamento al decreto dignità.
Il Titolo I recante
disposizioni per il contrasto al precariato.
Le misure introdotte
con il decreto dignità intendono limitare con maggiore efficacia
l’utilizzo indiscriminato dei contratti a termine, oggi sempre più
ricorrenti e spesso non corrispondenti ad una reale necessità da
parte del datore di lavoro.
Per questo si
intendono limitare i casi di ricorsi ai contratti a termine
attraverso l’introduzione di misure che diano al datore di
lavoro l’onere di dimostrare le cause che hanno condotto alla
volontà di utilizzare tale strumento in luogo di una diversa tipologia
contrattuale.
L’articolo 1 (Modifiche
alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato) prevede che fatta salva la
possibilità di libera stipulazione tra le parti del primo
contratto a tempo determinato, di durata comunque non superiore a 12
mesi di lavoro in assenza di specifiche necessità, l’eventuale
rinnovo dello stesso sarà possibile esclusivamente a fronte di esigenze:
a) temporanee ed oggettive,
estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro, nonché sostitutive;
b) connesse ad incrementi
temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria;
c) relative a lavorazioni e a
picchi di attività stagionali, individuati con decreto del Ministero del Lavoro
delle politiche Sociali.
In presenza di una
di queste condizioni già a partire dal primo contratto sarà
possibile apporre un termine comunque non superiore a 36 mesi.
Attraverso tale
misura sarà così possibile utilizzare il lavoratore per un periodo più breve,
entro il quale il datore di lavoro avrà la possibilità di valutare l’eventuale
conferma, anche a seguito di utilità per l’azienda.
Allo stesso tempo, se
il datore di lavoro sarà in grado sin da subito di determinare le motivazioni
per cui il lavoratore, pur essendo assunto per un periodo sufficientemente
lungo, non potrà comunque essere stabilizzato all’interno dell’azienda,
sarà per lui possibile assumere il lavoratore fino ad un termine
massimo di 36 mesi.
Con l’eccezione dei
rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni, l’apposizione del termine sarà
priva di effetti se non risultante da atto scritto, e
il contratto sarà considerato da subito a tempo indeterminato.
Una copia del
contratto dovrà essere consegnata dal datore di lavoro al
lavoratore entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione.
Si applicherà,
inoltre, un costo contributivo crescente di 0,5 punti per ogni rinnovo
a partire dal secondo. In questo modo sarà
possibile disincentivare l’utilizzo del contratto a termine, il
quale deve rappresentare una tipologia utile esclusivamente ad esigenze
limitate e particolari.
È inoltre aumentato
fino a 270 giorni il termine entro il quale sarà
possibile consentire l’impugnazione del contratto, estendendo così
la possibilità per il lavoratore di poter far valere l’eventuale abuso.
Il termine del
contratto a tempo determinato, con il consenso del lavoratore, solo
quando la durata iniziale dello stesso sia inferiore a trentasei mesi,
non potrà essere comunque prorogato più di quattro volte nell’arco dei
trentasei mesi, a prescindere dal numero di contratti. Dovesse
superare tale limite il contratto si trasformerà a tempo indeterminato.
L’articolo 2
(Modifiche alla disciplina della somministrazione di lavoro), invece, stabilisce che al
lavoratore da somministrare assunto a tempo determinato si
dovrà applicare la disciplina del contratto di lavoro subordinato a tempo
determinato, fatte salve speciali previsioni di legge. Il termine
iniziale può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e
per atto scritto, nei casi e per la durata prevista dal CCNL applicato dal
somministratore, ma nei limiti previsti dalle nuove disposizioni
introdotte dal decreto.
Articolo 3 (Modifiche
alla legge n. 92 del 2012) – Al fine di
indirizzare i datori di lavoro verso l’utilizzo di formecontrattuali
stabili, si prevede l’aumento dello 0,5% del contributo addizionale –
attualmente pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini
previdenziali, a carico del datore di lavoro, per i rapporti di lavoro
subordinato non a tempo indeterminato – in caso di rinnovo del contratto a
tempo determinato, anche in somministrazione.
Al fine vengono
apportate le necessarie modifiche all’articolo 2, comma 28, della legge n. 92
del 2012.
Il contributo è
destinato a finanziare la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per
l’Impiego (NASpI) ossia l’indennità mensile di disoccupazione avente la
funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con
rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria
occupazione.
Non viene modificata
la regola secondo la quale il contributo è restituito al datore di lavoro in
caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato.
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