sabato 2 marzo 2019

La prevenzione in Italia (cap. 01)

Attraverso la mia esperienza lavorativa ho attraversato parecchie galassie ad iniziare dagli anni di scuola fino all'attività di oggi giorno che comprende una vita da pensionato sulla quale inistono le realtà dell'uomo che deve sopravvivere sia nel tessuto sociale che in quello familiare assolvendo agli obblighi più diversi nel sociale e  nella politica.
Ad iniziare dalla scuola, a guerra finita, avevo frequentato quella delle suore giù a Bottaro, poi dalla signora Misiano e poi a Castellammare di Stabia dalle suore Alcanerine e successivamente alla scuola pubblica.

In nessuna di queste realtà ho avvertito un'idea fondante  che mi poteva accom- pagnare per tutta la vita. Se riuscivo in quello che facevo ero premiato e se il risultato era negativo venivo bacchettato sulle mani con l'avviso che se avessi continuato nell'atteggiamento negativo le bacchettae si sarebbero moltiplicate.

Tornavo a casa senza entusiasmo e ritornavo a scuola senza propenzione all'ap-prendimento, anzi ad ogni altra successiva minaccia il mio cervello si oscurava.

Le insegnati adoperavano metodi sbrigativi e i nostri genitori ripetevano le  racconndazione di seguirci  a casa nello svolgimento dei compiti con maggiore severità e attenzione.

A volte mi stancavo e non capivo perche mi succedesse. Mia madre botte non me ne dava, però minacciava di raccontare tutto a mio padre per spaventarmi per arrivare al risultato sperato.

La guerra ci aveva sottoposti a continue paura di morte. Vivendo con le truppe di liberazione a due passi da casa che sparavano a vista contro chiunque si avventu-
rava verso di loro ci aveva resi meno sensibili ma spaventati per un nonniente.
Eravamo scossi ma andavamo contro il pericolo senza preoccuparci più di tanto anche quando raccogliendo residuati bellici ferrosi potevamo incappare in qualche incidente che poteva mettere a rischio la nostra incolumità fisica rendendoci storpi  per sempre.

Molti di noi restarono feriti, offesi o deturpati dagli avvenimenti che ancora non si sapeva come fare per evitarli. All'epoca non c'erano strumenti rilevatori. I rottami rendevano qualche lira utile all'economia familiare per cui tutti li cercava no o ci si imbattera zappando il terreno da coltivare che veniva trasformato in sochi dove mettere a dimorale piantine prese nel vivaio che ogni famiglia organiz zava vicino casa per annaffiarli quando occorreva e coprirli di sera contro le gela te notturne.

Tutta la prevenzione erano le raccomandazioni continue che i più grandi faceva- no  a segnalarli agli adulti che riusvivano in qualche modo a sopravvivere a quel tipo di esperenzia che devastava i corpi o li rendeva monchi di qualche pezzo.

Avevo imparato a tamponare le frite anche con la sola erba molle o con la terra dirigendoci alla vicina infermeria dell'ILVA con la quale cofinavamo.

Quando il lavoro agricolo si presentava pesante e strassante facevamo le vedette o trasferivamo da casa ai campi il mangiare di mezzo giorno perche non si poteva staccare con l'irrigazione o con la raccolta di prodotti che si sarebbero  rovinati sotto il sole cocente.

Imparai ad andare in bicicletta e l'adoperavo per dei piccoli spostamenti per acquisti presso il tabaccaio o per raggiungere quelli che erano troppo lontani da casa.

Comunque finita la guerra mio padre tornò dalla prigionia assieme a mio zio materno ed incominciò ad esistere nella mia vita come una persona concreta. Tornammo a casa e lasciammo in campagna i nonni materni presso i quali ero rimasto  all'età di sedicimesi in una giornata di pioggia torrenziale. Mia madre era stata accompagnata a casa dal fratello maggiore che la trasportò col  carretto protetta da un telo cerato. Mi raccontavano che mi ero addormentato subito ed avevo dormito saporitamnte per tutta la nottata tra mio nonno e mia nonna.

Guardavo a tutto, ma l'unica prevenzione era il loro sguardo che mi seguiva ovunque e comunque lasciandomi libero di approfittare della libertà che l'am -biente mi offriva in mezzo a persone che senza esagerare mi sorvegliavano senza asfissiarmi e senza farmi sentire le loro preoccupazioni se ne avevano.

Una vita siffatta era abbandonata a se stessa perchè in un Italia che si riorganiz-
tutele fattive ancora non ce ne erano ed ogno si arrangiava. Quanda nadava bene era tutto bene, quando andva male c'era soltanto l'ospedale o il cimitero.



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