I dipendenti possono aprire la Partita Iva?
Ecco cosa dice la legge e quali sono i casi in cui si
rischia il licenziamento
22 agosto 2018 -
La voglia di arrotondare lo stipendio oppure di
costruirsi un’attività in proprio: sono queste
alcune fra le ragioni che spingono i dipendenti ad aprire la Partita Iva.
Per legge anche chi è assunto in un’azienda può avere la Partita Iva, a patto che l’attività
svolta non sia in concorrenza con quella del proprio datore di lavoro. In
questo caso infatti il dipendente rischia il licenziamento per giusta causa. Esistono
altre situazioni in cui non è possibile creare un’attività in proprio.
È il caso dei dipendenti statali o degli enti locali che non possono aprire la Partita Iva, rispettando la
regola di esclusività del rapporto pubblico, secondo cui non è possibile
svolgere altre attività lavorative contemporaneamente all’impegno nella
Pubblica Amministrazione.
La legge specifica che i dipendenti
pubblici non possono in alcun modo esercitare attività professionali,
industriali e commerciali, assumendo cariche in aziende o impieghi presso
privati. Fanno eccezione quei lavori che sono stati autorizzati dal ministro
competente e dall’amministrazione di appartenenza.
Tale regola non viene applicata ai docenti della scuola pubblica (che devono comunque
ricevere l’autorizzazione da parte del dirigente scolastico), i docenti
universitari a tempo determinato, il personale sanitario e tutti i dipendenti
pubblici con un rapporto di lavoro part-time o che non sia superiore al 50%.
Inoltre sono ammessi per tutti i compensi
che derivano da collaborazioni con riviste, giornali ed
enciclopedie, la partecipazione a convegni e seminari, le attività
di formazione e di docenza, gli incarichi assegnati dalle organizzazioni
sindacali e quelle per il cui svolgimento viene richiesta l’aspettativa.
Per i dipendenti privati invece non
esistono limitazioni riguardo l’apertura della Partita Iva.
Lo svolgimento di un secondo lavoro in proprio non può
essere vietato, tranne in caso di concorrenza, per via
dell’esistenza dell’obbligo di fedeltà nei confronti del proprio datore. Se
l’attività contrasta, anche solo parzialmente, con quella che si svolge già, si
rischiano sanzioni disciplinari gravi, fino al licenziamento. La norma può
essere aggirata ottenendo l’autorizzazione espressa da parte del proprio datore
di lavoro.
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