Condizione economica lavoratore, si deve considerare
nel licenziamento collettivo
Redazione 3 agosto 2018 0 Comments
La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 20464 del 2018, ha reso il seguente principio di
diritto: “Nei licenziamenti collettivi deve pesare la condizione economica del lavoratore
che non può limitarsi alla semplice verifica delle persone a carico da un punto
di vista fiscale: criterio che potrebbe risultare riduttivo” (dal Quotidiano
del Diritto del Sole 24 Ore del 3.8.2018).
Ecco i fatti di causa.
Con la sentenza n. 443/2016 la Corte di appello di Milano, in riforma della
pronuncia n. 296/2015 emessa dal Tribunale di Busto Arsizio, ha rigettato
l’opposizione proposta avverso l’ordinanza dello stesso Tribunale del
31.3/1.4.2015 con cui era stato accolto il ricorso di … la quale aveva chiesto
che fosse dichiarata l’illegittimità del licenziamento intimatole in data
9.7.2014, nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo ex lege n.
223/1991, con condanna dell’ … spa alla reintegra nel posto di lavoro e al
risarcimento del danno.
A fondamento del decisum la Corte territoriale ha rilevato che:
1.Il giudice dell’opposizione aveva errato nell’interpretare il criterio di
selezione dei licenziandi rappresentato dai carichi di famiglia come
equivalente ai carichi risultanti dalla dichiarazione IRPEF e, di conseguenza,
nel valutare legittimo il recesso sul presupposto del rispetto del criterio
medesimo da parte della società per una pluralità di ragioni costituite: a)
dall’assenza di un qualsiasi cenno, nel testo di legge, sotto il profilo
letterale, che autorizzasse tale interpretazione; b) dalla ratio del criterio
che era quello di dare valore alla condizione economica della famiglia
rappresentato dall’indice del peso derivante dal numero dei componenti; c) nel
caso in esame, dal fatto che anche sotto il profilo fiscale le due figlie della
lavoratrice risultavano a carico del 50% e che di tale circostanza il datore di
lavoro ne aveva avuto conoscenza;
2.ogni altra questione sull’aliunde perceptum e percipiendum era conseguentemente
assorbita.
Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto
ricorso per cassazione la società datrice di lavoro che veniva rigettato dalla
Corte Suprema con il principio di diritto sopra enunciato
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