Soppressione ingiustificata del posto di lavoro,
licenziamento illegittimo
Redazione 8 Aprile 2019 0 Comments
La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 9665 del 2019, ha respinto il ricorso di una
società contro il licenziamento illegittimo di un dirigente perché il
“riassetto che aveva portato alla soppressione della figura di responsabile
marketing non aveva giustificazione economica” (dal Quotidiano del Diritto del
Sole 24 Ore del 8 aprile 2019).
La Corte di Appello di Venezia, in parziale riforma della decisione di
primo grado, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato da … s.p.a. al
dirigente … ed ha condannato la detta società al pagamento della indennità
supplementare prevista dal CCNL Dirigenti Terziario, Distribuzione e Servizi
nella misura di 10 mensilità della retribuzione globale di fatto, pari a
complessivi Euro 249.573,01, oltre accessori; ha confermato l’accoglimento della
domanda del … relativa al pagamento della retribuzione del mese di marzo 2013
nella misura di Euro 19.285,00 oltre a Euro 1.428,57 quale differenze sul TFR;
ha confermato il rigetto della domanda di pagamento del premio di risultato per
l’anno 2012 e di pagamento alle differenze sulla indennità di preavviso in
ragione della rideterminazione della retribuzione globale di fatto.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la società
datrice di lavoro che veniva rigettato dalla Corte Suprema.
Per quel che qui interessa, relativamente al licenziamento dovuto a
soppressione del posto per riorganizzazione aziendale, la Corte ha evidenziato
che le ragioni oggettive concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale non
debbono necessariamente coincidere con l’impossibilità della continuazione del
rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolarmente onerosa
detta continuazione, dato che il principio di correttezza e buona fede, che
costituisce il parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, deve
essere coordinato con la libertà di iniziativa economica. Il Giudice del merito
deve quindi limitarsi al controllo sull’effettività delle scelte
imprenditoriali poste a base del licenziamento non potendo sindacare il merito
di tali scelte, garantite dal precetto costituzionale di cui all’art. 41 Cost.
L’esigenza, economicamente apprezzabile in termine di risparmio, della
soppressione di una figura dirigenziale in attuazione di un riassetto
societario integra, pertanto, la nozione di giustificazione del licenziamento
del dirigente richiesta dalle norme collettive ove non emerga, alla stregua di
dati obiettivi, la natura discriminatoria o contraria a buona fede della
riorganizzazione. E la Corte di Appello, in merito alla riorganizzazione
aziendale, ha ritenuto non comprensibili le ragioni del riassetto organizzativo
finalizzato ad una più economica gestione dell’impresa puntualizzando che
l’unico riassetto organizzativo realmente emerso era quello che implicava la
presenza del dirigente e non la sua estromissione dall’impresa. Ha ritenuto
quindi non giustificato il licenziamento del dirigente per mancanza del nesso
di causalità tra la situazione indicata nella lettera di licenziamento e la
soppressione del posto di responsabile marketing a seguito di riorganizzazione
aziendale. La Corte Suprema confermava quindi la sentenza di appello.
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