sabato 14 ottobre 2017

L’identificazione del datore di lavoro di fatto

Sicurezza
L’identificazione del datore di lavoro di fatto
Con la sentenza 15 settembre 2017, n. 42295, la Corte di Cassazione, sezione IV pen., è tornata nuova- mente sulla figura del datore di lavoro di fatto ai fini della salute e della sicurezza sul lavoro, focalizzando l’attenzione su alcuni elementi probatori che assumono rilevanza ai fini dell’applicazione del principio di effettività in materia antinfortunistica.

Invero, in giurisprudenza è ormai pacifico il principio in forza del quale per individuare il datore di lavoro - ma anche il dirigente o il preposto - bisogna far riferimento al dato funzionale dell’attività svolta in con creto più che al criterio formale della specifica qualifica soggettiva rivestita; pertanto “la responsa bilità penale grava sull’effettivo gestore, sia esso datore di lavoro o un suo reale delegato” [Vallebona, Istituzioni di diritto del lavoro, II, Torino, 1999, p.141 ss.]; la posizione di garanzia, quindi, può sorgere anche senza la sussistenza di un preesistente obbligo giuridico, mediante l’assunzione volontaria e unilaterale dei com piti di tutela con la mera presa in carico del bene accrescendone la possibilità di salvezza [Cass. Pen. sez. IV, 10 giugno 2010, n. 1116; Cass. Pen. sez. III, 1° ottobre 2014, n. 40527].

Nel solco così delineato com’è noto s’inserisce l’art. 299 del D.Lgs. n. 81/2008, che ha codificato il citato principio di effettività, stabilendo che titolari delle posizioni di garanzia individuate nell’art. 2, primo comma, lett. b), d) ed e) dello stesso decreto – ossia il datore di lavoro, il dirigente e il preposto – debbo- no essere considerati non solo i soggetti che rivestono formalmente le qualifiche da cui scaturiscono, ma altresì quelli, che, pur sprovvisti di regolare investitura, esercitano in concreto i poteri giuridici riferiti ai primi [Cfr. STOLFA, Diritto della sicurezza nel lavoro, Bari, 2001, p.45 ss. ed anche Cass. pen. Sez. IV, 6 giugno 2011, n. 22334]

È proprio in relazione agli elementi sintomatici del potere direttivo-organizzativo del datore di lavoro e alla rilevanza probatoria di alcuni atti posti in essere che la S.C. di Cassazione ha fornito un interessante orientamento, per altro come vedremo riguardante anche il profilo temporale della permanenza della re- sponsabilità datoriale conseguente alle omissioni delle prescritte misure antinfortunistiche.

La vicenda processuale.

Il caso affrontato dalla Cassazione riguarda l’infortunio di un operaio di un’azienda operante nell’aretino avvenuto nel 2008 per il quale la Corte di Appello di Firenze con sentenza del 15 ottobre 2015 ha con fer mato la decisione di primo grado riconoscendo, così, la responsabilità del legale rappresentante D.B. della T. S.p.A. per il reato di lesioni personali colpose di cui all’art. 590 c.p.

Avverso tale sentenza il D.B. ha proposto ricorso per cassazione censurando l’operato dei giudici di merito sono diversi profili; il ricorrente, infatti, ha lamentato la mancata assunzione di una prova decisiva ed il travisamento della prova in relazione alla problematica dell'effettivo svolgimento delle funzioni di datore di lavoro da parte dello stesso al momento della verificazione dell'infortunio e delle successive indagini ispettive.

Il ricorrente, inoltre, ha fatto rilevare che già in sede di appello aveva invocato la rinnovazione parziale dell'istruzione dibattimentale, chiedendo disporsi, quantomeno, una perizia grafica tesa a verificare l'at -tribuibilità allo stesso della firma apposta in calce alla denuncia d’infortunio presentata all’INAIL e della scrittura di compilazione del bollettino postale utilizzato per il pagamento della sanzione amministrativa comminata all'azienda.

Secondo l’imputato, quindi, la Corte territoriale ha ritenuto erroneamente che lo stesso ricoprisse ancora la posizione di datore di lavoro della T.S.p.A. e che effettivamente fosse presente sia durante il soprallugo effettuato dalla ASL dopo l'infortunio, sia alla data del 9 febbraio 2009 in occasione della notifica del ver bale di prescrizione (cfr. D.Lgs. 758/94) nonostante ciò non sia evincibile dalla documentazione allegata.

Mancata perizia grafica e insindacabilità in sede di Cassazione
La Cassazione, tuttavia, ha respinto il ricorso ritenendolo infondato; i giudici, infatti, hanno osservato in primo luogo che per quanto attiene al rilievo circa la mancata assunzione di una prova decisiva, con ri- ferimento all’invocata rinnovazione parziale dell'istruzione dibattimentale in sede di appello al fine di di- sporre una perizia grafica tesa a verificare l'attribuibilità al ricorrente della firma apposta in calce alla del
nuncia di infortunio e della scrittura di compilazione del bollettino postale utilizzato per il pagamento de
la sanzione amministrativa comminata all'azienda, secondo la costante giurisprudenza di legittimità la pe rizia non rientra nella categoria della prova decisiva ed il relativo provvedimento di diniego non è censu -rabile ai sensi dell'art. 606, primo comma, lett. d), c.p.p., in quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, è insindacabile in cassazione [Cfr. Cass. Sez. II, 3 novembre 2016, n. 52517].

Cessazione dalla carica di amministratore e rilevanza della denuncia d’infortunio

Secondo la Cassazione, infatti, nel caso de quo la sentenza impugnata dà conto in maniera adeguata ed e- sauriente degli elementi a riprova del fatto che l'imputato rivestisse in concreto le funzioni di datore di lavoro al momento dell'infortunio; sotto tale profilo il fatto che il D.B. continuasse ad occupare la posizio ne di garanzia datoriale è dimostrata in primo luogo dalle prove testimoniali che sono state raccolte.

Infatti, fanno rilevare i giudici che sia gli operai della T. S.p.A. che l’ispettore dell’ASL hanno dichiarato che il D.B. era pur sempre presente in azienda nonostante la formale cessazione del suo incarico di amministratore della società; tale presenza pur se di per se non decisiva è stata, però, ritenuta sintomatica della sussistenza di un legame di fatto con lo svolgimento dell’attività dell’impresa.

Ma un elemento ritenuto di notevole valenza sul piano probatorio è che nei documenti che sono stati pre sentati in occasione dell’ispezione il D.B. risultava ancora come rappresentante legale e, in particolare, è emerso che lo stesso ha presentato all’INAIL la denuncia d’infortunio; ora bisogna considerare che tale a- dempimento costituisce uno specifico dovere datoriale previsto dall'art. 53 del D.P.R. 1124/65, integrato da ultimo dall’art. 18, primo comma, lett. r), del D.Lgs. 81/08, per quanto concerne la comunicazione degli infortuni a fini statistico/informativi.

Per i giudici, quindi, anche se la denuncia all’INAIL è ai fini assicurativi il fatto che sia stata presentata da un soggetto che si è qualificato come datore di lavoro ha rilievo anche sul piano della sicurezza; in altri termini sembra che sia accolta anche in ambito assicurativo la nozione di datore di lavoro che emerge dall’art. 2, primo comma, lett. b), del D.Lgs. 81/08.

È anche vero, però, che in materia di sicurezza sul lavoro alla luce di tale norma è possibile che in una stessa impresa la qualifica di datore di lavoro possa essere ricoperta da più persone fisiche; in tali fattispecie, quindi, potrebbe essere il soggetto denunciante ad avere una maggiore esposizione rispetto agli altri.

Per altro gli stessi giudici non escludono che nel caso di specie si tratti di documenti non predisposti “di persona” dal D.B., ma ciò non li priva di significato probatorio in relazione alla qualifica datoriale a lui attribuita. 

Responsabilità per le omissioni commesse prima della cessazione dalla carica

Occorre, poi, sottolineare un ulteriore profilo; secondo i giudici la cessazione del D.B. dalla carica di am- ministratore è di pochi giorni precedenti al verificarsi dell'infortunio, che si lega causalmente ad una inosservanza della normativa prevenzionale posta in essere in epoca precedente, vale a dire “(…) quando ogni potere di gestione faceva incontrovertibilmente capo al D.B., per cui anche sotto questo profilo la prova richiesta dal ricorrente non è affatto decisiva”.
In altri termini, quindi, la responsabilità datoriale per l’inosservanza dei precetti antinfortunistici non viene meno automaticamente con la cessazione della carica sociale di amministratore in quanto se l’evento infortunistico è causalmente conseguente a omissioni commesse durante il periodo in cui il soggetto ricopriva la predetta carica questi potrebbe comunque risponderne.

Vizio del travisamento della prova

Infine in ordine al dedotto travisamento della prova la Cassazione ha anche fatto rilevare che nel caso ci si trova di fronte ad una cosiddetta “doppia conforme”, sicché il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606, primo comma, lett. e) c.p.c. solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti - con specifica deduzione - che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. 

Alla luce, pertanto, di tali elementi come accennato il ricorso è stato ritenuto infondato ed è stata così confermata la condanna dell’ex amministratore e datore di lavoro di fatto per il reato di lesioni colpose.

Nessun commento:

Posta un commento