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MILANO - Il tasso di disoccupazione a giugno torna a salire all'11,6%, ma - in fondo - si tratta di un dato positivo: in termini assoluti, infatti, l'aumento dei disoccupati è inferiore a quello dei nuovi occupati, ma è soprattutto il calo degli inattivi, coloro che non lavorano e neppure cercano un'occupazione, a mandare un segnale di fiducia.

Il tasso di disoccupazione rilevato dall'Istat è dato dal rapporto fra i disoccupati e il totale della forza lavoro (occupati e disoccupati, ovvero chi cerca lavoro, ma non lo trova).
 A far lievitare il tasso è stato quindi l'ampliamento della forza lavoro grazie al fatto che alcuni inattivi hanno iniziato a cercare un impiego, indipendentemente dal fatto che l'abbiano trovato o meno.

Ebbene a 
giugno chi ha iniziato a cercare un impiego probabilmente lo ha trovato: i nuovi occupati sono stati 71mila, i disoccupati 27mila e gli inattivi sono calati di 51mila unità. Numeri che si traducono in un tasso di occupazione al 57,3% (un punto in più rispetto allo scorso anno). In termini assoluti negli ultimi dodici mesi i nuovi occupati sono stati 329mila, a fronte di un calo degli inattivi di 325mila persone e una riduzione dei disoccupati di 140mila unità. 
Insomma, dopo la frenata di inizio anno, dovuta in larga parte al taglio degli incentivi alle assunzioni, il mercato del lavoro mostra segnali di ripresa. Assorbito il calo degli sgravi fiscali da 8mila a 3.250 euro l'anno per ogni assunzione a tempo indeterminato, il numero di disoccupati è tornato a calare, anche gli effetti del Jobs Act - che permettono maggiore flessibilità in entrata ed uscita - sono meno visibili. 

La crescita dei nuovi occupati a giugno riguarda solo i lavoratori indipendenti (+78 mila) che dopo aver toccato il fondo alla fine dello scorso anno sono in recupero, mentre restano sostanzialmente invariati i dipendenti (-7mila). Un campanello d'allarme arriva anche dall'inversione di tendenza sulla tipologia delle assuzioni: a dispetto degli incentivi, infatti, nell'ultimo trimestre sono state più le assuzioni a termine (60mila) di quella a tempo indeterminato (+27mila). Un trend diametralmente opposto a quello rilevato su base annua: 207mila permanenti e fronte di 39mila assunti a tempo. Negli ultimi sei mesi del 2015, però, le aziende hanno beneficiato degli sgravi "pieni".

Nota di commento.
Una economia stagnante, che non trova spunti di ripartenza neppure per far fronte a esigenze di manutenzione del paese.
E' sempre lo stato ad investire, mentre il privato fa una politica dissacrante del profitto senza produrre idee nuove e assetti economici per nuivi investimenti.
Siamo rimasti alle esigenze primarie del pezzo di pane, del chilo di pasta mentre i nostri prodotti agro alimentari prendono la via dell'esportazione senza produrre benessere che nei differenziali di scambio potrebbe essere lasciato nei paesi dove si esporta.
C'è troppo divario tra i prezzi dei prodotti al minuto e quelli all'ingrosso. Siamo arrivati a ricarichi astronomici con un'occupazione sottopagata e un caporalato sempre più forte. Fuggono dalla miseria per farsi sfruttare dagli schiavisti di casa nostra, ultimo retaggio di borbonisti che stentano a morire in un paese dove tutto langue all'infuori del malaffare. G.Erre.