La Corte di Cassazione ha affermato che non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di fornire, ai propri dipendenti, i dispositivi di protezione individuale necessari a prevenire i rischi in relazione alle lavorazioni svolte nell’azienda, la presenza del RSPP (Responsabile del servizio di prevenzione e protezione) sul luogo di lavoro.
Fatto
1. - Con sentenza del 5 novembre 2013, il Tribunale di Bologna ha condannato l'imputato alla pena dell'ammenda, per il reato di cui all'art. 18, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 81 del 2008, perché, in qualità di datore di lavoro, amministratore unico di una società, non forniva il dispositivo di protezione dal rischio rumore ad un lavoratore intento a controllare l'operazione di scarico di calcestruzzo da una betoniera.
2. - Avverso la sentenza l'imputato ha proposto personalmente ricorso per cassazione, lamentando l'erronea applicazione della disposizione incriminatrice, sul rilievo che nel cantiere, al momento dell'accertamento ispettivo dell'azienda sanitaria, era presente un responsabile per il servizio di prevenzione e protezione con funzioni di vigilanza, sul quale incombeva l'obbligo di fornire ai lavoratori i necessari idonei dispositivi di protezione individuale. La violazione riscontrata sarebbe, del resto, ascrivibile alla negligenza dello stesso lavoratore, il quale non aveva utilizzato il dispositivo di protezione fornitogli dal datore di lavoro.
Diritto
3. - Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente si limita, infatti, a formulare generiche critiche alla motivazione della sentenza, basate sui due seguenti assunti, del tutto indimostrati: 1) che fosse presente in cantiere un responsabile del servizio di prevenzione protezione, soggetto diverso dal datore di lavoro; 2) che al lavoratore fosse stato suo fornito il dispositivo di protezione, da lui non utilizzato per sua esclusiva colpa.
Quanto al primo di tali due assunti, il ricorrente afferma, senza alcun puntuale riferimento alla motivazione della sentenza impugnata o agli atti di causa, che dalla prova testimoniale risulterebbe l'esistenza sul cantiere di un responsabile del servizio di protezione e prevenzione, senza specificare da quali passaggi della prova testimoniale sarebbe stata desumibile tale conclusione e senza indicare il nome di tale soggetto. E ciò, a prescindere dall'assorbente rilievo che l'art. 18, comma 1, alinea e lettera d), del d.lgs. n. 81 del 2008 pone espressamente a carico del datore di lavoro l'obbligo di «fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale», pur quando vi sia un «responsabile del servizio di prevenzione e protezione», perché prevede che quest'ultimo debba essere semplicemente «sentito» in merito.
Il secondo degli assunti del ricorrente trova puntuale smentita sia nella deposizione del lavoratore riportata in sentenza, dalla quale risulta che il dispositivo di protezione non gli era stato fornito, sia nei rilievi effettuati dal funzionario accertatore, da cui emerge che nessun dispositivo di protezione è stato rinvenuto nel cantiere.
4. - Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
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