venerdì 27 marzo 2015

Malattie professionali, open data, criteri, principi metodologici, Quaderno Inail


ROMA – Malattie professionali. Un modello di lettura (della numerosità) su “open data” dell’Inail. Dopo unprimo Quaderno di ricerca pubblicato nel 2013  riguardante gli infortuni sul lavoro, Inail pubblica ora un secondo volume della serie sugli open data, che questa volta prende in considerazione il fenomeno delle tecnopatie. Un volume che “documenta i principi utilizzati per costruire un insieme di “open data” sulle malattie professionali, selezionato dai dati raccolti dall’Inail nello svolgimento dell’attività istituzionale”.

Tecniche e metodi

Malattie professionali, tecniche operative e principi metodologici. Criteri amministrativi e criteri medico-legali. Nel secondo quaderno vengono presentati modalità di trattazione e quindi dati in merito a numero e tipo di malattie professionali e di tecnopatici, suddivisi per date di denuncia, classi di assicurazione, territori, classi di menomazione ed esito delle istruttori di riconoscimento. Informazioni lette attraverso due blocchi di tabelle, 24 tabelle amministrative e 80 medico-legali. Sette capitoli, affiancati da un vocabolario e un thesaurus.

Cosa sono, cause, criteri qualificazione

Da uno dei primi paragrafi del volume: Sulla definizione di “malattia professionale. “Sotto il profilo biomedico si può definire malattia professionale qualsiasi stato morboso che possa essere posto in rapporto causale con lo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa.  C’è differenza nell’attribuire causa professionale a una malattia, rispetto al caso di infortunio. Un infortunio è qualificabile sul lavoro – e perciò indennizzabile – se è avvenuto per causa violenta in occasione di lavoro: per causa violenta si intende un fatto esterno che abbia avuto effetto con azione rapida e concentrata nel tempo; il requisito in occasione di lavoro indica la situazione per cui deve essere il lavoro a determinare, sia pure in modo indiretto e occasionale, la situazione in cui si verifica l’evento dannoso.
Quindi, in generale, per l’infortunio è applicabile un criterio di qualificazione che utilizza dati di fatto, osservabili. In linea di principio non è sempre possibile dare un criterio oggettivo per qualificare “professionale” una malattia. Il nesso causale (che deve essere individuato per far dipendere la malattia da una “causa” dovuta all’attività di lavoro) non è in generale accertabile con certezza: per il possibile concorso di più cause (anche extra-lavorative), per il peso (difficile da quantificare) delle correlazioni. Entra in gioco la probabilità e la tecnica (dagli esiti deboli) della verifica delle ipotesi statistiche.
Questo problema di identificazione è ricorrente nella letteratura medica; è riconosciuto nelle tecniche assicurative; continua a avere effetti nella dottrina e nelle dispute giudiziarie. Ha caratterizzato l’itinerario normativo, imponendo il ricorso necessario (assolutamente giustificabile come soluzione pragmatica) a convenzioni”.

I dati

Il nucleo del linguaggio speciale con i relativi rierimenti tecnici e normativi, le gestioni (industria e servizi, agricoltura), i dettagli del processo istruttorio, le cause delle definizione amministrative negativa, anno di protocollo e anno di morte, le “viste” per la lettura dei dati.
Quindi i due lunghi allegati, con La lettura della numerosità delle malattie professionali, sugli “open data dell’Inail e l’Itinerario di lettura sugli “open data” di periodo (ottobre 2014). “Sono considerate le malattie professionali denunciate entro il 31 dicembre 2013, selezionate quindi con la condizione “data di protocollo≤20131231”, rilevate al 31 Ottobre 2014 (data di rilevazione”.
I dati sono suddivisi in sette linee di lettura, come genere e anno di protocollo, classe di menomazione, malattie professionali asbesto correlate, anno di decesso,per settore ICD-10, tipo di indennizzo.

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